Domanda: “Che cosa sono i libri apocrifi o deuterocanonici? I libri apocrifi o deuterocanonici appartengono alla Bibbia?”


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Risposta: Le Bibbie cattolico-romane contengono parecchi libri in più nell’Antico Testamento rispetto alle Bibbie protestanti. Ci si riferisce a questi libri come “libri apocrifi” o “deuterocanonici”. Il termine “apocrifo” significa “nascosto”, mentre la parola “deuterocanonico” significa “secondo canone”. Originariamente, gli apocrifi o deuterocanonici furono redatti nel periodo fra l’Antico e il Nuovo Testamento. Questi libri sono stati chiamati: 3 Ezra, 4 Ezra, Tobia, Giuditta, Aggiunte a Ester, Sapienza di Salomone, Siracide (Ecclesiastico), Baruc, Lettera di Geremia, Aggiunte a Daniele (Cantico dei tre giovani [con la Preghiera di Azaria], Susanna, Bel e il drago), Preghiera di Manasse, 1 Maccabei, 2 Maccabei.

La nazione d’Israele trattava con rispetto i libri apocrifi o deuterocanonici, ma non li accettò mai fra i libri autentici della Bibbia ebraica. La Chiesa cristiana antica discusse sulla natura degli apocrifi o deuterocanonici, ma pochi fra i primi cristiani credevano che essi appartenessero al canone della Scrittura. Il Nuovo Testamento cita l’Antico Testamento centinaia di volte, ma non cita mai né allude ad alcuno dei libri apocrifi o deuterocanonici. Inoltre, ci sono molti errori e contraddizioni comprovati negli apocrifi o deuterocanonici.

I libri apocrifi o deuterocanonici insegnano molte cose che non sono vere e che non sono storicamente accurate. Sebbene, precedentemente, molti cattolici avessero accettato gli apocrifi o deuterocanonici, la Chiesa Cattolica Romana li aggiunse ufficialmente alla sua Bibbia durante il Concilio di Trento a metà del XVI sec., anzitutto per reazione alla Riforma. Gli apocrifi o deuterocanonici convalidano alcune cose che crede e pratica la Chiesa Cattolica Romana e che non sono in armonia con la Bibbia. Ci sono alcuni esempi di preghiere per i morti, di richieste ai “santi” in cielo affinché intercedano, di adorazione degli angeli e di “elemosine” fatte per espiare i peccati. Alcune cose che dicono gli apocrifi o deuterocanonici sono vere e corrette. Tuttavia, a causa degli errori storici e teologici, questi libri devono essere considerati come documenti storicamente e religiosamente fallibili, e non come l’ispirata e autorevole Parola di Dio.

BENEDIZIONI PER IL NUOVO ANNO


Domenico Modugno

La trebbiatura vi durerà fino alla vendemmia, e la vendemmia vi durerà fino alla semina … Voi mangerete il raccolto dell’anno precedente e, quando sarà vecchio, lo tirerete fuori per fare posto a quello nuovo (Levitico 26:5, 10)

Carissimi amici e fratelli in Cristo,
stiamo vivendo le ultime ore di un anno che, più o meno come tutti gli altri, ci ha visto attraversare vicende e circostanze più o meno belle, edificanti e piacevoli.

Se l’abbiamo vissuto con Gesù al fianco, anche le peggiori esperienze avranno lasciato un’impronta positiva nella nostra vita con Lui.

Mentre quelle belle e edificanti ci hanno riempito il cuore di gratitudine e di fiducia per il futuro.

Se non altro, abbiamo potuto dire: Questo io so: che Dio è per me! (Salmo 56:9).

Alle soglie di questo 2015, e alla luce delle benedizioni promesse al popolo d’Israele alle porte della Terra Promessa, desideriamo pregare che Iddio possa concederci un anno all’insegna della continuità, alla Sua presenza, nelle Sue benedizioni, nella comunione fraterna, nel servizio cristiano e nella ricerca della santificazione.

Mentre aspettiamo dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall’ira imminente.

Anche se potremmo essere considerati pessimisti e negativi, bisogna riconoscere che tante volte noi credenti ci attardiamo in un cristianesimo fatto di vicende alterne che somiglia troppo al tempo dei Giudici!

Il piano di Dio, però, non era questo.

Egli voleva un popolo benedetto che, nella continuità, potesse realizzare le benedizioni di Dio, la Sua approvazione e la Sua presenza costante.

Egli aveva detto… Io stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi detesterò.

Camminerò tra di voi, sarò vostro Dio e voi sarete mio popolo.

Io sono il Signore vostro Dio; vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto per liberarvi dalla schiavitù; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta (Levitico 26:11-13).

Israele, purtroppo, non conobbe quella continuità, perché non rimase fedele, non si separò dai popoli, dai metodi e dall’idolatria di Canaan, pagando un prezzo altissimo, fino a perdere l’eredità.

Non sia mai che anche noi, perdiamo di vista il piano di Dio e ci lasciamo cullare da questo mondo le cui luci e i cui suoni sono attraenti, ma portano fuori strada, lontano da Cristo e dalla Sua Croce.

Amatissimi fratelli, preghiamo gli uni per gli altri che il Signore ci aiuti a non ricercare soltanto momenti benedetti, ma a desiderare e realizzare una benedizione continua senza finire ogni volta “in riserva” o addirittura “a secco”, diventando preda di tentazioni, paure e sconfitte spirituali.

Nessuno dica che è troppo bello per essere vero.

Dio vuole che la Sua benedizione non manchi mai nella nostra vita, Egli può far sì che questo accada… occorre soltanto la nostra fiduciosa disposizione a ubbidire alla Sua Parola.

E anche in questo non ci lascia senza aiuto, infatti è Dio che produce in voi il volere e l’agire, secondo il suo disegno benevolo (Filippesi 2:13).

Facciamo la nostra piccola parte, Egli ha già fatto e continuerà a fare la Sua, fino alla fine!

A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire irreprensibili e con gioia davanti alla sua gloria, al Dio unico, nostro Salvatore per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, siano gloria, maestà, forza e potere prima di tutti i tempi, ora e per tutti i secoli. Amen.

Che il Signore Vi conceda in questo 2015 tutto quello che il Vostro cuore desidera, per Voi, Famiglia e Comunità, nella Sua Sovrana e Benigna Volontà.

IL PETTEGOLEZZO: come proteggersene ?


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“Se si vuole evitare di far del male agli altri o di essere prima o poi annoverati tra le vittime della maldicenza, è importante sapere dove si ferma la conversazione inoffensiva e dove inizia invece il pettegolezzo nocivo”. Il pettegolezzo può essere divertente e stimolante, ma anche vendicativo e distruttivo. Perché una banale o anche “amichevole” conversazione molto spesso degenera in pettegolezzi nocivi?
Come evitare lo slittamento in forme che si rivelano dannose per la salute spirituale di credenti e comunità?

■ Il potere del pettegolezzo

Il pettegolezzo ha un potere formidabile.
Spesso e volentieri è alla base di litigi, contrasti e disordini pubblici; può infrangere i legami familiari e rovinare carriere promettenti. Tra gli altri mali di cui lo si rende responsabile, figurano le notti insonni, il dispiacere e la tristezza.
Probabilmente siamo già stati anche noi vittima di un pettegolezzo, ma se non lo siamo stati c’è da aspettarsi che un giorno o l’altro qualcuno tenterà di “spararci alle gambe”, cercherà di dir male anche di noi.
Non soltanto il pettegolezzo resiste, ma è fiorente.
Fino ad ora, nessuna legge e nessun metodo umano è stato capace di stroncare i suoi effetti devastanti.
È dappertutto, lo si trova nelle famiglie come nelle comunità, nei circoli elitari come negli ambienti popolari, nella politica e perfino nell’ambito religioso. È comunque quasi quanto il respirare. Certamente, la maldicenza rivela un aspetto ripugnante della natura umana, quando ci si alletta nell’offuscare la reputazione di chi ci circonda, nel distorcere la verità e nel frantumare la serenità dell’esistenza altrui.
Perciò, se si vuole evitare di far del male agli altri o di essere prima o poi annoverati tra le vittime della maldicenza, è importante sapere dove si ferma la conversazione inoffensiva e dove inizia invece il pettegolezzo nocivo.

■ Il fascino perverso della maldicenza

Le innocue conversazioni da salotto spesso degenerano in dicerie maliziose e incontrollate. Talvolta, le parole oltrepassano i limiti trasformandosi in calunnia pura e semplice, che viene definita come “una imputazione menzognera che attenta alla reputazione, all’onore di qualcuno”.
“Il vento del nord porta la pioggia, e la lingua che sparla di nascosto fa oscurare il viso” (Proverbi 25:23). Un’altra traduzione così rende il versetto: “Il vento del nord genera la pioggia, e le maldicenze provocano la collera altrui”. Tenuto conto del suo potenziale distruttivo, come spiegare che il pettegolezzo esercita spesso una tale attrattiva, che sia cioè così irresistibile? E ancora, dove si situa la linea di demarcazione tra considerazione inoffensiva e diceria perniciosa?
Molto spesso, le conversazioni inoffensive slittano su un terreno improprio oltrepassando i limiti dell’educazione e del buon gusto. I fatti vengono adornati, ingranditi o deformati. Spesso la risata prorompe proprio quando si riesce ad umiliare gli altri. Gli affari privati vengono svelati, le confidenze tradite, la reputazione compromessa o addirittura distrutta.
La recriminazione, il mormorio e la critica sono capaci di offuscare anche le azioni più meritevoli. Che vi sia o non vi sia la deliberata intenzione di nuocere non è di grande consolazione per la vittima. Perciò si è paragonato il pettegolezzo pernicioso a del fango gettato su di un muro tinteggiato di recente: anche se non resta incollato, lascia sempre una macchia.
La maldicenza è un mezzo pratico per iniziare ad intrattenere una conversazione e di farsi così accettare dall’interlocutore. Infatti, è dimostrato dall’esperienza che generalmente le persone provano un interesse molto più profondo nell’ascoltare delle dicerie negative che delle parole costruttive. Alcuni sembrano anche provare piacere nel dare conto di ciò che li scandalizza, perciò si abbandonano a rivelazioni sensazionali e salaci.
Il pettegolezzo costituisce quindi un eccellente mezzo per attirare l’attenzione su di sé: più la diceria pesca nello scandaloso e lo scabroso, maggiore sarà il suo potere di attrazione e di far colpo sull’ascoltatore.
Raramente, invece, ci si preoccupa di fornire delle prove da indicare come fondamento alle affermazioni pronunciate.
Proprio per questa sua capacità di solleticare le passioni e di far leva sul sensazionale, la maldicenza conserva intatto il suo fascino perverso, che miete vittime anche in una società cosiddetta “avanzata” come la nostra e appare irresistibile anche alle menti più raffinate.

■ Il pettegolezzo malevolo: la calunnia

L’invidia e l’odio sono spesso all’origine della forma più distruttiva del pettegolezzo: la maldicenza, il pettegolezzo malevolo ovvero la calunnia. Certuni parlano dei loro simili con una intenzione volutamente cattiva. Il motivo è talvolta un desiderio di vendetta nato dalla gelosia o da un’offesa ricevuta oppure dall’invidia opportunamente dissimulata o ancora da una naturale, insana predisposizione alla mistificazione della realtà.
Quale sia la causa l’origine invece è certa, infatti “è dal di dentro , dal cuore degli uomini, che nascono cattivi pensieri… calunnia…” (Marco 7:21,22).
Chi si dedica alla diffamazione cerca comunque di favorire i propri interessi rovinando la reputazione altrui.
Anche se la calunnia è indubbiamente la più condannabile delle forme di pettegolezzo, ogni intenzione nefasta e maligna rivela mancanza di responsabilità e costituisce un danno alla morale.

■ Come evitare gli effetti dannosi della maldicenza?

Le conversazioni inoffensive ed informali a proposito di amici e di conoscenze si propongono molto spesso come uno strumento di comunicazione ed un mezzo per intrattenere delle relazioni con i nostri simili. Tuttavia nulla può giustificare il pettegolezzo pernicioso, né la calunnia. Le dicerie così propalate fanno male e lasciano profonde ferite. Possiamo anche rovinare delle buone relazioni, compromettere la reputazione e la serenità dei nostri simili. Come fare per restare nei limiti del convenevole e non cadere nel pettegolezzo dannoso? Come evitare di essere voi stessi vittima di questa perversa abitudine? La Bibbia offre alcuni consigli mai forniti finora sull’argomento, nemmeno dalle menti più illuminate che l’umanità possa vantare.

■ Controllare la propria lingua

“ Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi. 10:19).
Vale a dire, “Riflettiamo prima di parlare”. Prima di dire qualunque cosa su di qualcuno, domandiamoci: “Oserò ripeterlo in sua presenza? Che cosa avrei pensato se ciò fosse stato detto di me?” (cfr. Matteo 7:12).
Nel Salmo 39:1, si legge: “Farò attenzione alle mie vie per non peccare con la mia lingua; metterò un freno alla mia bocca”;

■ Non prestare ascolto alla maldicenza.

Le chiacchiere incontrollate non sono le sole da mettere sotto accusa; coloro che prendono piacere ad ascoltarle hanno anche la loro parte di responsabilità! Il semplice fatto di ascoltare può essere interpretato come un’approvazione silenziosa e rappresentare al tempo stesso un modo per favorire la propagazione delle dicerie perniciose: “Il malvagio dà ascolto alle labbra inique, e il bugiardo dà retta alla cattiva lingua” (Proverbi 17:4). Di conseguenza quando una conversazione scivola su un terreno scabroso, dobbiamo avere il coraggio di dire: “Forse è il caso che parliamo di qualcos’altro!” E se i nostri amici si rivelano dei pettegoli inveterati, è opportuno cercare altre compagnie!
“Chi va sparlando palesa i segreti; non t’immischiare con chi apre troppo le labbra” (Proverbi 20:19). Una traduzione rende il verso nel modo seguente: “Evita quindi la gente che parla molto”. Sarebbe d’altronde sorprendente se prima o poi non diventassimo proprio noi l’oggetto di conversazione!

■ Non reagire in modo eccessivo al pettegolezzo.

La maggior parte delle persone ama spettegolare finché non sono loro ad essere chiamate in causa. Immaginiamo, però, che si faccia correre sul nostro conto una storia menzognera o delle cattive dicerie.
È possibile talvolta risalire alla sorgente e rettificare con calma le cose. Che fare, poi, se questo risulta impossibile? Andare in collera non servirebbe a nulla. Infatti chi è pronto ad andare in collera compie degli atti insensati avverte la Bibbia (Proverbi 14:17).
Dalla bocca di Salomone ci viene questo consiglio: “Non porre dunque mente a tutte le parole che si dicono (…); poiché il tuo cuore sa che sovente anche tu hai maledettogli altri” (Ecclesiaste 7:21,22).
Il pettegolezzo “fa parte della vita” ed è probabile che in un momento o nell’altro noi ci siamo anche lasciati andare!

■ Non gettare benzina sul fuoco.

Se la diceria continua a diffondersi, chiediamoci se non siamo noi a fornire agli altri materia per spettegolare! Può succedere infatti che proprio con un comportamento dubbioso suscitiamo dei sospetti.
Quindi se siamo noi ad essere vittima della calunnia, perché non domandarci se la nostra condotta, il nostro comportamento di fronte agli altri non portano acqua al mulino dei nostri denigratori?
Forse potremmo contribuire a far sì che cessino le dicerie cambiando qualche cosa nel nostro stile di vita: “Quando manca la legna, il fuoco si spegne” (Proverbi 20:26); “Non v’ingannate; non ci si può beffare di Dio; poiché quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà” (Galati 6:7); “Perciò chi si pensa di stare ritto, guardi di non cadere” (1 Corinzi 10:12).

■ Occuparsi degli affari propri.

Eviteremo molti dispiaceri, agli altri e a noi stessi, applicando alla nostra vita questo saggio consiglio: “Tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri… e l’Iddio della pace sarà con voi” (Filippesi 4:8,9). Come dimostrano queste parole, Dio in persona s’interessa al modo in cui noi parliamo degli altri.
Gesù Cristo ha lasciato questo avvertimento: “Or Io vi dico che d’ogni parola oziosa che avranno, detta gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché dalle tue parole sarai giustificato, e dalle tue parole sarai condannato” (Matteo 12:36,37; Salmo 52:3-6). Desideriamo intrattenere buoni rapporti con gli altri, conservare la pace interiore e, sopratutto, onorare il Signore, nella nostra vita?
Allora seguiamo il consiglio della Parola di Dio: “Voi… siete stati ammaestrati da Dio ad amarvi gli uni gli altri:… Ma v’esortiamo fratelli, che vie più abbondiate in questo, e vi studiate di vivere in quiete, di fare i fatti vostri e di lavorare con le vostre mani”
(1 Tessalonicesi 4:9-11).
Interessiamoci agli altri ma in modo amorevole e nei limiti della buona educazione. Soltanto così riusciremo a mantenerci lontano dal pettegolezzo malevole e dannoso.

UN NODULO MI E’ SPARITO DOPO UNA PREGHIERA E COME MEDICO MI SONO CHIESTA DOVE FOSSE FINITO.


10393772_834323496612330_2454120890160136106_nMi chiamo Mirella, sono medico di professione, ho conosciuto il Signore nel marzo 2003. Prima di convertirmi vivevo in una famiglia cristiana ma non praticante, molto aperta,che mi ha sempre facilitato: si parlava di Dio e- di Gesù in modo sereno, non coercitivo,né bigotto, però, a causa di problemi e drammi che ho dovuto affrontare nel corso della mia vita, mi ero costruita una corazza difensiva, per proteggermi dal rischio di essere ferita. Ho sempre dimostrato un carattere estroverso, con gli amici e al lavoro,consapevole del fatto che i miei pazienti avevano bisogno di aiuto, mentre in campo sentimentale ero decisamente più chiusa e prudente.
Mi è capitato di fare scelte sbagliate, in particolare un divorzio che mi ha segnato molto. Consapevole del mio disagio, una sorella iniziò ad invitarmi ad una riunione di preghiera,ma io, un po’ a causa di alcuni impegni, un po’ perché sapevo che sarebbe crollata la diga delle mie difese, continuavo a temporeggiare, finché, dopo tante insistenze, una domenica decisi di partecipare.
AI termine dell’incontro, chiesi al pastore di pregare per me e, mentre lo faceva, mi riferì informazioni sulla mia vita che non poteva sapere, quindi pensai che lo avesse informato la mia amica: essendo molto rigida e razionale non ero disposta ad accettare altra spiegazione.
A casa, però, riflettendo, mi resi conto che non poteva essere così e che effettivamente nessuno gli aveva detto nulla; a questo punto ero notevolmente
disorientata e confusa, e, pur tentando di resistere, fui costretta a capitolare davanti ai risultati di quella preghiera:
1. piansi per due giorni (unica tregua le ore di lavoro, ma una volta tornata a casa ricominciavo )
2. fui liberata completamente da un forte astio che provavo da tempo nei confronti degli uomini (a causa del mio divorzio e delle esperienze negative vissute in passato).
Iniziai a sperimentare pace e libertà nella mia vita, mentre sparivano progressivamente quegli atteggiamenti sospettosi che erano il risultato delle mie ferite e delle sofferenze.
Il 29 aprile 2003 accettai di dare la mia vita a Gesù.
Proprio in quell’occasione, durante la preghiera, avvertii un calore fortissimo in tutto il corpo ed ebbi l’impressione che una mano mi toccasse la schiena, dove avevo un nodulo di fibrosità(deposito di calcio) conseguente ad un incidente stradale subito a 14 anni. Questo nodulo mi aveva sempre fatto male e da quella preghiera scomparve. Iniziai a chiedermi, come medico, che fine avesse fatto una formazione calcarea che non poteva sciogliersi…Ma non fu l’unico miracolo compiuto da Gesù nella mia vita: il 14 novembre 2004 stavo lavorando in giardino, c’era una finestra di metallo aperta e, girandomi di scatto, colpii violentemente lo spigolo con l’occhio sinistro. La situazione, decisamente preoccupante,si rivelò aggravata dal fatto che l’altro occhio, quello destro, era già compromesso da tempo a causa del distacco della retina, ed aveva conservato solo 3 decimi, quindi in quel momento rischiavo di perdere l’unico occhio “buono”.
Tastando con la mano la zona colpita la sentii vuota: l’occhio era sprofondato nell’orbita. Il viso era gonfio. Dalla ferita il sangue sgorgava come da un rubinetto. Come se non bastasse, un chiodo mi aveva provocato un taglio sulla fronte. Immediatamente, nell’orto, iniziai a gridare ad alta voce al Signore, urlavo che per le sue piaghe io ero stata guarita, che il mio occhio sarebbe tornato perfettamente normale e iniziai a pregare .
AI pronto soccorso mi diedero 12 punti (non pochi in un solo occhio) che tolsero dopo 8 giorni. I dottori, meravigliati, mi dissero che avevo una carne che guariva benissimo. Risposi che era il mio medico a guarire benissimo, non la mia carne. Nel corso dei miei studi e della mia esperienza professionale, avevo imparato che ci sono varie categorie di malattie: quelle guaribili, quelle inguaribili e quelle croniche; ora so che Dio guarisce ogni malattia e posso comunicare ai miei pazienti questa speranza. Mi capita spesso durante le visite in ambulatorio, di parlare del Signore con i miei pazienti e alcuni, in queste occasioni, danno la vita al Signore. AI momento di pagarmi chiedo solo metà parcella e quando essi, stupiti, mi chiedono il motivo dello sconto rispondo che da loro ricevo il pagamento per la mia consulenza, mentre la mezz’ora dedicata a Gesù me la paga Lui.
Tempo fa, pregando con un fratello su una persona constatai che era guarita ad una spalla e, in qualità di medico, rendermi conto di avere aiutato una persona senza medicine è stato sorprendente: un vero successo!!!
Ogni mattina chiedo al Signore che mi usi come vuole Lui e sempre di più.
Infine, chiedo a Gesù che benedica ogni vostro respiro, ogni battito del vostro cuore e ogni vostra cellula.
GLORIA AL SIGNORE. ALLELUIA

“AMICO, A CHE FAR SEI TU QUI?’’ (Matteo 26:50)


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Questa domanda GESU’, pone a Giuda, nell’orto del Getsemani. AMICO! con questa frase GESU’ continuava a mantenere integra la SUA amicizia, anche di fronte alla violenza di chi era divenuto SUO nemico — L’amicizia è il riflesso, delle più alte virtù dei sentimenti dell’anima, le cui fondamenta basilari sono: la lealtà. Essa nasce dall’insieme dei più alti e nobili valori morali e spirituali, componenti indispensabili che creano fedeltà e sviluppano fiducia.

L’amicizia è un gesto di altruismo, una condotta di onestà, un comportamento di rispetto ed una dimostrazione di stima, nei confronti del prossimo. Attraverso gli insegnamenti Divini, constatiamo, che la vera amicizia, resta costante nel tempo, inalterata a qualsiasi circostanza “L’amico è per ogni tempo” (Prov. 17:17) anzi nei momenti più difficili, diventa più preziosa, rivelandosi fraterna “Vi è amico, che è più di un fratello” (Prov. 18:24)

CRISTO, attraverso la SUA amicizia, ci rivela le profonde intenzioni che DIO ha per noi, a fronte del dilemma umano. Inoltre ci dichiara la veracità e la magnanimità di tale amicizia, essendo pronto a darne personalmente, pratiche dimostrazioni: “Nessuno ha amore più grande, che quello di dare la SUA vita per i suoi amici” (Giov. 15:14) Si, il SUO sacrificio, era l’unica soluzione per liberarci dalla morte eterna, e CRISTO, era pronto a farlo.

E per non permettere che questa preziosa amicizia corra il rischio di perdersi, ci indica la maniera per renderla stabile: “Se fate le cose che io vi comando sarete miei amici” (Giov. 15:14) E si, in questo mondo di tenebre, si sente davvero il bisogno di seguire questo consiglio. Anche perché, a questo punto, CRISTO, stabilizza quest’amicizia con un grado che ci rende più vicini a DIO: “IO non vi chiamo più servi, ma AMICI” (Giov. 15:15). In questo percorso CRISTO ci mostra un’amicizia: intenzionale, costante e vera, come una fresca acqua che disseta l’anima.

Quando si parla di amicizia, quindi, ci troviamo nel territorio di CRISTO.
E noi credenti viviamo in tale territorio, perché abbiamo scelto di essere proprietà di tale amicizia. Sicchè, quando qualcuno si presenta a noi come amico, potrebbe ancora sorgere la domanda di CRISTO: “Amico, a che far sei tu qui?” ovvero “Quale è la vera intenzione tua?” In tempi critici come questi, molti valori si stanno perdendo, fra cui, la genuinità dell’amicizia.

In simili periodi, dove tutto perde stabilità. Al ripetersi, di percorsi morali inquinati, nel corso della storia dell’umanità; DIO stesso ci avvisa su finte amicizie, come a darci un allarme: “ Si guardi ciascuno dal SUO amico” (Geremia 9:4) “Non riponete fiducia nell’intimo amico” (Michea 7:5). Inducendo ad analizzare, la realtà di ogni amicizia, che sempre denuncia l’intenzione del cuore.

Purtroppo, nel corso della vita, chi non è stato deluso, colpito o ferito, da un amico. Obiettivamente, dobbiamo anche ammettere, che consapevolmente o inconsapevolmente, ognuno di noi, chi più, chi meno, ha fatto altrettanto. Ma dal momento, che la Grazia di DIO ci ha rigenerati da ogni condotta e condizione umana; ora che abbiamo attinto dalla lealtà di CRISTO, possiamo anche dimostrare, una vera amicizia, con una vera espressione di cuore.

ORTO del GETSEMANI!! ORTO degli ULIVI!! Dove CRISTO soffriva. Dove lottava, perché l’AMICIZIA tra UOMO e DIO, potesse ricongiungersi. In quell’orto i discepoli (come oggi, ogni credente), riposano, sicuri della SUA amicizia. Dall’esterno giungono i nemici, con le armi in pugno. GESU’ lotta fra gli ulivi del Getsemani, personificando quell’amicizia…. disponendo la SUA vita, per riaprire la “Porta di Pace” fra l’uomo e DIO…. Ora siamo giunti all’ultimo tempo, e fino all’ultimo CRISTO dice: “AMICO!….” Che ogni uomo dunque, scelga da che parte stare. —- Davide Dilettoso —-

L’esperienza personale di un giovane israeliano GESÙ È IL MESSIA !


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La testimonianza di un giovane ebreo che ha riconosciuto in Gesù il Messia ci aiuta a capire quale trasformazione radicale si verifica nella vita di un uomo quando lascia la Parola di Dio parlare al suo cuore.

Per capire meglio Israele

Nello scorso articolo abbiamo parlato a grandi linee del giudaismo e della religiosità degli ebrei d’oggi. In quest’articolo abbiamo deciso di lasciar parlare l’esperienza personale di un giovane israeliano che, dopo un percorso di sofferenza, è arrivato alla nuova nascita e alla conoscenza del suo Messia, il Signor Gesù. Vi incoraggiamo a leggere questo articolo con la Bibbia alla mano, perché troverete parecchie citazioni bibliche che non abbiamo scritto per esteso. Lasciamo quindi che questa testimonianza sia per tutti noi motivo di riflessione, un aiuto per capire meglio Israele e il popolo di Dio.
Segnato da odio e risentimenti

In alcune lingue e per molte persone il termine conversione significa “cambiare religione”.
Nella mia esperienza personale, ha significato in un certo senso il contrario: è stato aprire gli occhi e capire che solo con Gesù Cristo, il Messia, nel mio cuore potevo “ritrovare” le mie radici e diventare un “vero ebreo” (Ro 2:28-29).

Sono nato e cresciuto in Israele in una famiglia d’origine polacca, segnata profondamente dalla terribile esperienza dell’Olocausto, durante il periodo della II Guerra Mondiale. Tante persone della mia cerchia familiare sono state vittime di quel genocidio che, ancora oggi, provoca nel cuore di molti Ebrei sentimenti di rabbia e di dolore. I racconti di mio nonno, miracolosamente sopravvissuto a molteplici situazioni apparentemente senza via d’uscita durante la persecuzione nazista, avevano inciso il mio cuore di ragazzo e condizionato il mio percorso verso la liberazione dall’odio e dal risentimento che c’era dentro di me per le atroci sofferenze che il mio popolo aveva subito.

La tragica esperienza, in giovane età, della perdita di entrambi i miei genitori e quindi della solitudine, non ha che amplificato quei sentimenti di ribellione e d’odio che c’erano già dentro di me. Erano sentimenti duri che provavo nei confronti della gente dalla quale mi sarei aspettato aiuto e conforto, sentimenti di un orfano che cercava aiuto e sicurezza in chi aveva vicino, trovando invece indifferenza ed egoismo.
Lontano da Israele

Finito il lungo periodo nell’esercito, era (ed è tuttora) tradizione per molti ragazzi israeliani, trascorrere del tempo all’estero. Fu a quel punto della mia vita che decisi di lasciare, forse per sempre, Israele, paese che non amavo più.

Molti coetanei partivano alla ricerca di una nuova identità spirituale. Io no.
Come molti ebrei credevo nell’esistenza del Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe e andavo in sinagoga durante le feste ebraiche più importanti. Il mio desiderio di andarmene non era frutto di un rifiuto dell’ebraismo e delle sue tradizioni, ma piuttosto della società e di chi mi aveva ferito. Volevo semplicemente vivere in Europa, continuare i miei studi e ricominciare da capo in qualche altro angolo del mondo. Mi erano nemiche tutte le persone di quel popolo che aveva sterminato il mio popolo, mi erano nemiche tutte le persone del mio popolo che mi avevano tradito con la loro indifferenza nel momento del bisogno. Sono stati proprio questi sentimenti di delusione e di tristezza che Dio ha usato per rivelarsi e cambiare il mio cuore da “cuore di pietra a cuore di carne”(Ez 11:19; 36:26).
Un “nemico” mi ha guidato a Cristo!

Ricordo un giorno di disperazione, giorno in cui ho pregato in ginocchio con queste parole: “Dio, perché non mi parli? Se ti sei rivelato a Mosè che era un uomo, perché non puoi rivelarti a me?”. Dio mi ha portato nelle braccia di chi consideravo nemico per liberarmi dall’odio e per darmi una vita nuova. È stato un credente tedesco a portarmi al Signore.

C’era qualcosa in quell’uomo che mi rendeva geloso (De 32:21, Ro 10:19, 11:11, 14): lui, un tedesco, una di quelle persone su cui avevo riversato tutta la mia rabbia e la mia frustrazione, era in grado di amarmi con un amore soprannaturale, nonostante io lo aggredissi continuamente. Lui, un “gentile”, conosceva il Dio d’Israele meglio di me! Ricordo di aver accettato da lui con molto scetticismo il Nuovo Testamento che comunque incominciai a leggere.

Con grande sorpresa mi resi presto conto che quello che leggevo mi stava parlando al cuore e che Gesù non era chi avevo pensato che fosse. Potevo vedere che la mia vita stava incominciando a cambiare e che la mia coscienza si stava risvegliando. Io, chiuso in me stesso, prigioniero del mio dolore e del mio egoismo, sentivo che quel messaggio di vita mi stava cambiando il cuore.
Gesù era davvero il Messia? È stato molto difficile ammetterlo.
Liberato dal velo che copriva i miei occhi

C’era un velo sui miei occhi e sul mio cuore che mi impediva di vederlo dalle Scritture (2Co 3:15). Ciò che ha aperto i miei occhi, è stata la trasformazione del mio cuore, trasformazione incominciata anche prima di aver confessato con la mia bocca che Gesù è il Messia. Sono convinto che lo Spirito Santo me lo abbia rivelato e mi abbia tolto il velo che avevo davanti agli occhi.

Mi sono sentito come Natanaele: Dio conosceva il mio cuore ancor prima che glielo donassi (Gv 1:47-49). La convinzione che Gesù è il Messia non è nata grazie a un’esperienza teologica, ma in seguito ad una rivelazione interiore che mi ha trasformato. “Io vi do vita” – ha detto Gesù – e vita mi è stata donata. Solo tramite il Messia, il Mediatore, morto per i nostri peccati e poi risuscitato, il mio popolo potrà ritornare al suo Dio e incontrare un Dio personale che potrà chiamare “Abba”, Padre.

Un’altra prova rilevante che mi ha aiutato a credere (in quella situazione ero forse come Tommaso!), è stata la risposta ad una preghiera specifica che ho fatto in quel periodo. Da tanto tempo ero vittima di una forma depressiva che mi stava anche danneggiando fisicamente. “Se tu sei Dio, mi devi guarire!”- è stato il mio grido. Il giorno successivo ho sperimentato una guarigione completa, psichica e fisica. Non avevo più dubbi a quel punto.
Assillato da una serie inquietante di domande

Subito dopo la nuova nascita, mi sono ritrovato ad affrontare nuove sfide. Tante erano le domande che mi assillavano, domande alle quali ogni ebreo che arrivi alla salvezza deve poter dare una risposta. Ero confuso e avevo paura delle conseguenze della mia scelta…
Cosa fare delle mie tradizioni?
Chi sono adesso?
Sono ancora un ebreo?
Molti mi dicevano che dal momento della conversione ero un cristiano e non più un ebreo, che dovevo sbarazzarmi di tutto ciò che faceva parte del mio essere giudeo e che la Chiesa aveva sostituito interamente il ruolo del popolo di Dio. Ero turbato ogni volta che sentivo dire che Israele è vittima delle sue maledizioni e dei suoi peccati del passato e che alla Chiesa appartengono oggi tutte le benedizioni promesse a Israele.
Dio aveva davvero abbandonato il suo popolo per sempre?
Precise risposte dalla Parola!

Con il tempo, tramite lo studio delle Scritture e l’aiuto di credenti maturi, ho trovato le risposte che il mio cuore cercava e una nuova identità che credevo perduta: ero un ebreo salvato.
La lettura della lettera ai Romani, del libro di Geremia, in particolare del capitolo 31 (v. 31) mi ha portato alla convinzione che, nonostante il suo peccato e la sua infedeltà, Dio non ha dimenticato il suo popolo e che il suo patto con Israele è un patto eterno (Ro 11:1-2a).

In quel momento è nato in me il desiderio di approfondire lo studio delle mie origini giudaiche, invece di volermene sbarazzare. Volevo raggiungere i miei fratelli, raggiungere i loro cuori come ha fatto Gesù, ebreo tra gli ebrei.
Gesù amava la sua gente, guardava al cuore dell’uomo e la gente lo chiamava “Rabbi”. Gesù non ha chiesto agli ebrei del suo tempo di sbarazzarsi della propria cultura, ma di dare importanza alle cose interiori e non a quelle esteriori.
Oggi anch’io posso essere un ebreo tra gli ebrei, un ebreo con un “cuore di carne”, per la grazia di Dio. Posso amare il mio popolo con un amore nuovo.
Di nuovo in Israele, in mezzo al mio popolo

Ora che vivo in Israele, sento di aver ricevuto da parte del Signore la libertà di esprimere la mia identità di ebreo con il mio popolo: per esempio rispetto il sabato, considerandolo un giorno in cui mi devo fermare dalle attività della settimana e dedicare più tempo al Signore; celebro le feste ebraiche (come la Pasqua, la festa delle Settimane, ecc.) con una nuova consapevolezza perché sono per me una testimonianza della grazia di Dio per il mio popolo. Sono convinto che queste cose non mi salvano né mi rendono migliore agli occhi di Dio, ma che sono semplicemente figure per il tempo presente (Eb 9:9, 10:1) che trovano in Gesù la loro concretizzazione.

Credo profondamente nell’importanza di condividere con il mio popolo la mia testimonianza personale d’ebreo salvato. La gente s’incuriosisce quando si accorge che c’è qualcosa di nuovo nel mio cuore. Credo anche nell’importanza di incoraggiare i miei amici allo studio del Vecchio Testamento, con la preghiera e la speranza che tramite la sua lettura, lo Spirito Santo possa convincerli che Gesù è il Messia. Purtroppo oggi non sono molti gli Ebrei che conoscono bene il Vecchio Testamento: infatti, persino gli Ebrei religiosi studiano solo il contenuto dei libri del Pentateuco (la Torah).
Molti Ebrei messianici sono stati raggiunti dal Vangelo fuori da Israele: è più facile che un ebreo trovi il coraggio di leggere il Nuovo Testamento lontano dalle pressioni che invece riceverebbe a casa.

Vorrei concludere questa mia testimonianza chiedendo ai credenti italiani di pregare per la pace di Gerusalemme, come c’insegnano le Scritture (Sl 122:6), perché il mio popolo riceva pace nel cuore ritornando al suo Dio, riconoscendo in Gesù il Messia. Non c’è esercito che possa proteggerci dai nostri nemici e sarà necessario che tutti si mettano contro Israele perché finalmente il popolo di Dio alzi gli occhi al cielo riconoscendo che solo da Lui viene la salvezza.

Ai miei occhi, i credenti che come voi pregano per Israele, sono come Aaronne e Cur che tenevano alzate le mani di Mosè mentre Giosuè combatteva contro Amalec (Es 17:10,12). Le vostre preghiere sono come le mani d’Aaronne e Cur, mani che sostenevano le braccia stanche di Mosè. Pregate per noi senza stancarvi.
Non possiamo farcela senza la vostra intercessione.

FAME DI GRAZIA by Gary Wilkerson


gary-285x300Sono convinto che in tutto il mondo ci sia fame della grazia di Cristo e la Scrittura lo attesta. Luca scrive che quando Gesù predicò il Sermone sul monte, migliaia di persone “erano venute per udirlo e per essere guarite dalle loro malattie;; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi erano guariti” (Luca 6:18). Queste folle andarono a Lui perché avevano sentito parlare di un uomo di grazia che li avrebbe guariti.

“Con un gran numero di popolo da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone” (Luca 6:17). Le folle ferite non avevano fatto tutta quella strada perché volevano sentire un predicatore che li esortasse a provarci meglio. Erano già consumati dallo scoraggiamento, dalla malattia e dalla disperazione dei loro sforzi di restare pii. E non si trattava solo di un raduno di persone “buone”. Molti forse erano ai margini della società, persone allontanate a motivo della loro condizione disperata. In ogni caso, osservare la legge non aveva portato loro vita.

A questi visitatori affamati, la reputazione di Gesù e della Sua grazia si rivelò essere vera. Non solo Egli predicava la grazia ma la dimostrava guarendoli tutti: “E tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una potenza che guariva tutti” (Luca 6:19).

Da ragazzo misuravo il mio cammino con Cristo da quanto bene dimostrassi umiltà, purezza e misericordia. Se mi accorgevo di essere aggressivo, pensavo, “Devo essere più umile e mansueto”. O se mi venivano pensieri sul sesso, mi chiedevo, “Come potrò mai custodire un cuore puro?” Come molti prima di me, avevo trasformato le promesse di grazia divine in leggi che cercavo di osservare. Se “avessi vissuto” le beatitudini abbastanza bene, allora forse Dio mi avrebbe potuto dire “Gary, sei benedetto”.

No! Ciò è assolutamente arretrato – e completamente contrario al vangelo di Cristo. Quando Gesù guardava quelle folle, li vedeva già poveri in spirito, sulle ginocchia in umiltà, umiliati dalla malattia, esausti per gli sforzi di vivere una buona vita. Allora cosa fece? Egli proferì benedizioni su loro! Proprio come il Signore parlò alla creazione dal vuoto delle fitte tenebre, Gesù proferì benedizioni divine a peccatori devastati, persone atterrate dalla vita. Egli li rassicurò, “Siete venuti qui in lutto, ma io dico che siete benedetti agli occhi di Dio – benedetti nel vostro matrimonio, benedetti nelle vostre opere, benedetti nel profondo della vostra anima”.

Si trattava di un messaggio radicale per le loro orecchie! Queste persone conoscevano soltanto i termini dell’Antico Patto. Pensavano di meritare di udire, “Siete maledetti! Non avete osservato la legge secondo il Deuteronomio, altrimenti le vostre vite sarebbero benedette”. Gesù disse il contrario: “Prima che voi facciate qualsiasi cosa per Me – prima che preghiate, adoriate o confessiate – Io vi ho già benedetti!”

SEMI DI PERDONO by Nicky Cruz


Nicky CruzVorrei che voi poteste sperimentare il miracolo che la nostra famiglia ha ricevuto. Vorrei che sentiste la differenza tra come viviamo adesso e come vivevamo durante i giorni della mia gioventù. Oggi io amo i miei fratelli e le mie sorelle con passione; non c’è nulla che preferirei fare se non stare insieme alla mia famiglia per ridere, parlare e piangere con loro.

Le volte in cui torno dalla mia famiglia a Puerto Rico sono fra i miei ricordi più preziosi. Quando vado a casa non sono più Nicky Cruz l’evangelista o l’oratore; sono solo un fratello. Sono solo uno della famiglia e io amo tutto questo. Infatti, due dei miei fratelli sono pastori a Puerto Rico, e non mi hanno mai chiesto di parlare alle loro comunità. Loro sanno che quando io vengo a casa vengo solo per riposarmi.

Ho così tanti ricordi delle lunghe serate insieme alla mia famiglia, mangiando ridendo e scherzando, pregando e piangendo insieme. A volte restiamo svegli fino all’una del mattino per raccontarci delle storie, scherzando e assaporando la gioia che tutti condividiamo. È come una grande fiesta!

Ma non è così che eravamo. Non eravamo sempre così felici, spensierati ed amorevoli. Quando Gesù venne nelle nostre vite, Egli fece irruzione con un’esplosione d’amore! Eli aprì le porte della grazia e del perdono. Nella mia famiglia c’è tanto dolore per il nostro passato, tuttavia nessuno di noi serba sentimenti di rancore, nessuno serba risentimento. Non serbiamo altro che amore nei nostri cuori e fra di noi. Non sprechiamo tempo a rammaricarci, ma gioiamo nel Gesù che conosciamo oggi e nel futuro che Egli concederà a tutti noi.

Mi si spezza il cuore nel vedere famiglie che si sono fermate sul passato. Fratelli e sorelle che vivono nell’amarezza e nel risentimento da tanto tempo. Mariti e mogli che sono stati feriti da parole o azioni, così da permettere al dolore ed al risentimento di crescere e di divorarli come un cancro.

Gesù può fare per per il cuore umano ciò che nessun altro può fare. Egli può portare un cambiamento che nemmeno noi possiamo minimamente immaginare. Quando Egli viene a vivere nel tuo cuore Egli va ben oltre il semplice perdono, Egli sparge semi di perdono. Semi soprannaturali che non solo cancellano il peccato, ma cancellano il dolore che il peccato ha portato.

Non potrei mai ringraziare Gesù abbastanza per ciò che Egli ha fatto per la nostra famiglia, per il perdono e la grazia che Egli ha portato, riportandoci tutti insieme.

Ed Egli può fare lo stesso per chiunque.

Nessun individuo nato da genitori umani potrebbe mai affermare con sincerità: “Faccio sempre le cose che gli piacciono”.


10364614_379524418856674_668770172_nTroppo spesso facciamo le cose che piacciono a noi. Qualche volta agiamo nel far cose che piacciono ad altri. C’è la schiavitù al parere degli altri. Tante persone vivono soggetti a ciò che pensano gli altri, o, a ciò che immaginano che gli altri pensino. Non prendono le loro decisioni in base a ciò che credono sia giusto, ma le prendono in base a ciò che secondo loro non creerà problemi con gli altri.
I veri cristiani hanno questa caratteristica: perseverano nella Parola, ossia non smettono mai di imparare dagli insegnamenti di Cristo e non Gli voltano mai le spalle. Dimorare nella Parola di Cristo vuol dire camminare in stabile ubbidienza. Dire di appartenere a Cristo, ma essere schiavi del peccato e rifiutare di confessare il peccato, è una contraddizione. Una delle qualità della vera fede è la stabilità. Coloro che veramente conoscono il Signore Gesù sono liberati dal peccato, camminano nella luce e sono guidati dallo Spirito Santo di Dio. Non osservare la parola di Gesù, è il frutto di un cuore che non ama Gesù Cristo.
“Non sapete voi che se vi offrite come servi per ubbidirgli, siete servi di colui al quale ubbidite, o del peccato per la morte, o dell’ubbidienza per la giustizia? Ora sia ringraziato Dio, perché eravate servi del peccato, ma avete ubbidito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso. E, essendo stati liberati dal peccato, siete stati fatti servi della giustizia”. (Romani 6:16-18).
Se ci vendiamo al peccato, diventiamo schiavi del peccato. Scegliendo invece di ubbidire a Dio, avremo una vita santa. È impossibile credere veramente in Dio se il cuore non obbedisce a Dio. Non importa quanto possiamo essere attivi nelle attività “religiose”. Quello che conta è quanto siamo obbedienti a Lui, in quanto solo la nostra obbedienza e colui al quale obbediamo determina chi serviamo in realtà. Non importa quanti sacrifici fate per il Signore. Quello che conta è quanto siamo obbedienti a Lui. I sacrifici accettabili sono soltanto i sacrifici che il Signore ci ha ordinato. Il servizio genuino può essere soltanto il servizio che il Signore ci ha ordinato. Tutto il resto, anche se è fatto nel Suo nome, è disobbedienza, azione diretta dalla vecchia natura sotto le sembianze della nuova.
Uno dei danni più terribili è che un tuo peccato abituale, che non combatti di tutto cuore, ti allontana da Dio.
Se non cammini in santità, se non cammini per lo Spirito Santo, in sottomissione a Lui in ogni campo della vita, non avrai il frutto dello Spirito Santo. “Ma il frutto dello Spirito è: amore gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo. (Galati 5:22 )
I nostri peccati abituali ci ostacolano ad avere questo frutto così importante.
Più si va avanti con il peccato nel cuore, più il cuore diventa duro, e la coscienza diventa meno sensibile.
Quando un individuo incontra la verità, la mente corrotta cerca soltanto obiezioni; quando incontra ciò che differisce da questa verità, vede o cerca ragioni per accettare questa differenza.
Chi veramente ama Dio, ascolta e ubbidisce alle Parole di Dio.
L’esercizio della facoltà di scegliere di per sé stesso non ci rende liberi. La facoltà di scegliere è solo la navetta che intesse i fili della nostra vita: può diventare un sudario di morte e la crisalide di una nuova vita. Il tutto dipende da quale “dio” definisce i nostri valori, obiettivi e propositi che determinano le nostre scelte. La libertà non consiste nel fatto di poter scegliere, ma in che cosa noi scegliamo. La libertà non è quindi una condizione, ma un conseguimento.
Chi o che cosa noi scegliamo?
Pretendendo libertà ed autonomia dalla legittima autorità di Dio si finisce solo con l’autodistruggersi.

“…a essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità” (Efesini 4:23-24)


10364014_379524838856632_1113499785_n (1)Quando una persona diventa cristiana, all’inizio Dio rinnova la Sua mente, conferendogli una capacità spirituale e morale completamente nuova. Le nostre risorse sono la Parola e la preghiera. È attraverso questi mezzi che conseguiamo la mente di Cristo, ed è attraverso quella mente che viviamo la vita di Cristo. Lo spirito rinnovato della mente del cristiano è la logica conseguenza del rivestire l’uomo nuovo che è la nuova creazione fatta a immagine di Dio ed è creato nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità. Questo uomo nuovo è così giusto e santo che l’apostolo Paolo rifiuta di ammettere che da quella nuova creazione possa provenire un qualsiasi peccato. Perciò in Romani capitoli 6 e 7 è esplicito nell’attribuire la realtà del peccato ad altro e non all’uomo nuovo. “Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale”, e “non prestate le vostre membra al peccato” (Romani 6:12, 13).
Non consente che la responsabilità del peccato sia attribuita al nuovo uomo interiore. Il nuovo “io” ama e vuole ardentemente la santità e la giustizia. Grazie alla nuova vita, al nostro nuovo Signore e Padrone, alla nuova natura e alla nuova potenza, siamo chiamati a vivere un adeguato stile di vita nuovo.
Dio, mediante la Sua parola, comandò alla luce di splendere fra le tenebre, e Dio stesso è quello che risplende nei nostri cuori. Nella Genesi la creazione materiale, come pure quella spirituale, ebbe inizio con la luce. Dio risplende nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, ed ecco che ha inizio la vita spirituale.
La gloria di Dio è la rivelazione della sua natura e dei suoi attributi. Quando il Signore sceglie di mostrarci la sua gloria, ci rivela quanto desidera farsi conoscere da noi. Il primo effetto della gloria di Dio è un cambiamento nella nostra
relazione con Lui.
Quando Mosè vide la rivelazione della gloria di Dio, la sua
straordinaria e meravigliosa natura, cadde sulle ginocchia e cominciò ad adorare. “Mosè subito s’inchinò fino a terra e adorò” (Esodo 34:8).
E ci insegna a rinunciare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo (Tito 2:12). Questa grazia che dimora in te è la rivelazione della bontà di Cristo. E se tu dimorerai in Lui, la Sua rivelazione ti istruirà a vivere in santità.
Siamo stati trasportati dalle tenebre alla luce. Quindi, ora non dobbiamo più camminare nelle tenebre, come camminavamo, ma dobbiamo camminare nella luce. In altre parole, non dobbiamo vivere più come in passato, non dobbiamo comportarci più come prima, non dobbiamo pensare nel modo che pensavamo prima. Il tempo passato indica una condizione che non esiste più e questa verità è sottolineata dall’espressione “in passato”. Chi è in Cristo Gesù, chi è salvato, vive e cammina in novità di vita.
Quando sottomettiamo ogni pensiero in ogni campo della vita alla Verità di Dio, allora saremo rinnovati e perciò rivestiti dell’uomo nuovo, che è creato secondo Dio nella Giustizia e nella Santità della Verità. L’opera di Dio di salvarci dalle tenebre è sempre un’opera che porta al compimento finale, quello di essere conformati all’immagine di Cristo. Conoscendo Cristo, si diventa sensibili, capaci a governare sé stessi in ogni giustizia, puri e con la capacità di discernere il vero dal falso, il sano dal malsano, l’utile dal disutile, conosce la gioia vera e duratura che si trova solo in Dio, diventando sempre più simili a Lui.
Se dimentichiamo che siamo luce, allora sarà pesante prendere ogni decisione in base a quello che è gradito a Dio. Invece, se teniamo chiaramente in mente che eravamo tenebre, ma ora siamo luce nel Signore, allora sarà una grande gioia e un privilegio vivere prendendo ogni decisione con Dio.