La Testimonianza di fede di Marianna Poerio


Mi chiamo Marianna Poerio e voglio raccontare la mia testimonianza Mi sono convertita quando ero una ragazzina, cresciuta in una famiglia evangelica pentecostale, ma anch’io dovevo fare la mia esperienza personale con Gesù. I miei genitori e i miei nonni mi dicevano sempre che “il Signore non ha nipoti, ma ha figli”. Quando sentivo questa parola, dicevo a me stessa che non avevo bisogno di pentirmi, di ravvedermi, essendo una brava ragazza poichè non facevo nulla di male. Un giorno, però, sempre rigettando Gesù dalla mia vita, fui dominata da una grande paura. Non riuscivo memmeno ad andare in bagno da sola; avevo paura del buio o di qualsiasi rumore. All’epoca avevo quasi 15 anni e feci una semplice preghiera a Gesù: “Signore, se Tu esisti e puoi fare qualcosa per liberarmi da questa paura, allora io darò il mio cuore a te!”. Egli in un istante, in un momento mi ha liberato da questo enorme fardello che portavo su di me. Il terrore del buio sparì dalla mia vita per sempre e io da allora dormii sempre con la luce spenta. Può sembrare banale tutto questo, ma Gesù mi ha liberato dalla paura del buio e dalla paura della solitudine. Crescendo ho fatto l’esperienza di essere battezza nelLo Spirito Santo. Questo avvenne nel 1991 all’età di 15 anni, e divenni molto fervente, e nel 1992 feci il patto in acqua con Gesù. Nel mio cuore nacque un amore soprannaturale per Dio.Dopo aver pregato il Signore di incontrare un uomo che avrebbe amato prima Dio e poi me, trovai un uomo Davide che ho amato, amo e amerò per l’eternità. Sono stata benedetta dal Signore perché abbiamo avuto la possibilità di lavorare nel commercio; abbiamo aperto tanti negozi e abbiamo scambiato la benedizione delle attività commerciali con le benedizioni che venivano da parte del Signore. Il mio desiderio più grande era servire il Signore, ma spesso si cade nella religiosità. Questo è stato il nostro caso. Voglio precisare che anche queste sono benedizioni che vengono da parte di Dio, perché se abbiamo la forza di lavorare è per la grazia di Dio. Nonostante fossero lavori leciti ci portarono lontano dal Signore. In quel periodo frequentavo la chiesa, ma la mia mente e il mio cuore si erano raffreddati; c’erano degli idoli che si erano stabiliti nei nostri cuori senza che me ne accorgessi. Spesso mi sono definita: “La dracma perduta nella casa”. Un giorno, in un campeggio in particolare, il Signore parlò alla mia vita e a quella di mio marito dicendo semplicemente: “Ci sono persone qui che, per ambizioni, per cose lecite, come Lot sono state trascinate via dal male e lontano dal Signore. Forse non te ne sei accorto, ma le ambizioni e le cose lecite, come può essere il lavoro, ti hanno allontanato dal Signore. Tu non stai dando più la primizia al Signore, tu non stai pensando più al Signore, tu stai pensando soltanto a lavorare. Il tuo cuore non è più legato a Dio, il tuo cuore e la tua vita non sono più per Dio. Dio per te non è al primo posto”. Dal quel giorno posso dire di aver fatto un vero ritorno a Gesù. Sono tornata al Signore e ho dato tutta la mia vita a lui, insieme a mio marito Davide. Un giorno egli stesso mi disse: “Marianna io sento che il nemico ci attaccherà, ci farà una guerra molto spietata. A Satana questo ritorno a Cristo non piace. Lui ama quei credenti che sono solo dei religiosi, che sono legati soltanto all’appuntamento settimanale ma che non danno il loro cuore al Signore. Il nemico vuole che i credenti siano seduti nei banchi della chiesa la domenica e senza dare il loro cuore a Cristo”. Mi disse inoltre: “Marianna prepariamoci perché lui ci farà una grande battaglia, una grande guerra: tu sei pronta?” Io gli risposi semplicemente: “Se il Signore è con noi chi sarà contro di noi?” Da quel momento in poi ne abbiamo passate di tutti i colori, ci sono stati dei momenti difficilissimi. Prima di questi momenti così catastrofici siamo stati a Santo Domingo e sentimmo nel cuore di andare in un locale di culto ad ascoltare la parola. Il pastore, che non ci conosceva affatto profetizzò da parte dello Spirito Santo per noi dicendo: “IO ti libererò dalla catastrofe che dovrai passare e tu mi servirai in un paese lontano”. Non l’abbiamo mai raccontato a nessuno pubblicamente questa testimonianza e la sto raccontando a te (e farà il giro del mondo adesso). Quelle catastrofi nella vita sono venute tutte, il Signore già ce l’aveva profetizzato. Quella profezia fatta a Santo Domingo è stata una forza per andare avanti e il nostro Dio ci aveva avvisato. Molti fratelli, nel momento in cui è venuta la catastrofe nella nostra vita, sono venuti meno. La verità è che non erano veri amici, non ci hanno mai amato, ma erano interessati solo a quello che gli potevamo dare. Da quel momento ci siamo resi conto di essere soli come il figliol prodigo. A quel punto siamo tornati a Dio, Lui ci ha ristabilito e ci ha dato più di quello che avevamo perso e ci ha resi più felici di prima. Voglio precisare che noi non siamo felici per quello che il Signore ci da, ma per quello che il Signore È per la nostra vita. Successivamente abbiamo affrontato tantissime prove, ma ne siamo usciti sempre più vittoriosi, più forti e più maturi di prima. Oggi serviamo il Signore con la pagina “Kabod” peso di gloria. Non era nei nostri programmi, ma sicuramente era nei progetti di Dio. Avevamo chiesto al Signore per tanto tempo di servirlo, non sapevamo come, ma il Signore ci mandava delle profezie più volte. Qualcuno ci profetizzava sempre “tu mi servirai… tu mi servirai” e parlavano sempre di una via nuova. Oggi noi serviamo il Signore con Kabod, ma sappiamo che Kabod è solo l’inizio del Signore. Il Signore ci ha liberato dalla catastrofe, ci ha fatto vedere chi era vero amico e vero fratello nel momento della difficoltà. Oggi il Signore ci ha messo a Suo servizio e non sappiamo in futuro cosa Dio ha in serbo per noi, ma siamo sicuri che il Signore ha per noi progetti meravigliosi. Noi abbiamo un solo desiderio, quello di servire il Signore con tutto il cuore fino alla fine dei nostri giorni o fino al giorno del Suo ritorno. Noi sappiamo di non avere meriti, sappiamo di non avere capacità, ma se Lo Spirito Santo investe le nostre vite possiamo servirLo con tutto il cuore. Quello che vogliamo oggi più di tutto è vedere i frutti, portare i frutti per la gloria. Io ringrazio il Signore con tutto il cuore per tutto quello che ha fatto per la mia casa. L’opera di Dio non si è fermata il giorno che ho dato il mio cuore al Signore. Se volessi raccontare tutto quello che il Signore ha compiuto e continua a compiere nella nostra vita servirebbero libri interi di testimonianze. Amen!

Io sono stato trasformato perché quella sera Gesù abbracciò me! La Testimonianza di Alessio Di Chiara


Dio è Grande. Sapete perché Dio fa grandi cose? Sapete perché Dio è Grande? Un Dio Grande può fare solo grandi cose!Mi presento e la prima cosa che voglio dire e che sono un figlio di Dio! Tu puoi essere un ingegnere, un attore, un calciatore ma non c’è carica più alta dell’essere un figlio di Dio. Per me questo è motivo d’orgoglio e di vanto.Mi chiamo Alessio Di Chiara e ho 28 anni, sono missionario a tempo pieno, da diversi anni in giro per l’Italia per eventi evangelistici. Pregate per me perché Dio non mi sta portando di Chiesa in Chiesa dove è molto è facile parlare di Gesù, ma mi sta portando nelle scuole, nelle carceri, nelle piazze e in altri posti difficili, ma grazie a Dio molti ragazzi stanno facendo entrare Gesù nel loro cuore. Da piccolo, mai nessuno mi ha detto di pregare, leggere la Bibbia o andare in chiesa. Tutte queste cose non esistevano perché mio padre non pregava e mia madre non leggeva la Bibbia. I miei genitori la domenica andavano dappertutto, tranne che in Chiesa, loro non erano credenti ma c’era una cosa che mi ripetevano sempre: “Alessio Dio esiste, e se tu ti comporti male Lui ti vede e ti punisce”. Questa era l’unica cosa da sapere su Dio, che Dio era presente e che guardava chi si comportava male per punirlo. Dicevano così perché ero molto ribelle ed ingestibile; mi portavano al catechismo da buona tradizione, ma i catechisti si lamentavano con i miei genitori per il mio comportamento e mi ritenevano non idoneo a fare la prima comunione. Per loro non ero ancora pronto per seguire Gesù. I miei genitori mi portavano al centro estivo spirituale, ma anche lì ci furono le stesse lamentele. I monitori, addirittura, restituirono i soldi ai miei genitori, pur di non farmi tornare e mi etichettarono come “troppo diverso”. Come dice il detto: quando si è piccoli ci sono problemi piccoli e quando si è grandi ci sono problemi grandi. Così è stata la mia vita. I miei genitori mi portarono da diversi psicologi perché volevano sapere come mai fossi così ribelle. Alle medie fui sospeso varie volte, per risse, atti vandalici, comportamenti scorretti contro i ragazzi di classe e anche contro gli insegnanti. In prima superiore ebbi tre diverse sospensioni di 15 giorni ognuna, per un totale di 45 giorni di sospensione e poi fui espulso, con conseguente bocciatura. Qualche anno dopo feci il passo più lungo della gamba: mi arrestarono. Diventai fascista e razzista, mi arrestarono per violazione di proprietà privata e furto. Il colmo di questa storia e che mio padre è un poliziotto. Potete capire quale caos si creò in famiglia. Mio padre disse chiaramente che non poteva permettersi di avere un figlio delinquente, mi rinnegò come figlio e mi chiese di non chiamarlo più papà, promettendomi che all’età di 18 anni mi avrebbe cacciato di casa. La notizia si sparse in tutto il quartiere e anche in tutta Italia grazie al TGCom, Studio Aperto e i TG regionali. Un giorno iniziai a comprendere di essere un completo fallimento e, non sapendo come sarebbe andato il processo, iniziai ad avere paura per il mio futuro. Cominciai a pensare che ci fosse un colpevole per tutto questo, qualcuno che aveva architettato tutta questa situazione e trovai in Dio il nemico principale della mia vita. Lo incolpavo per ogni situazione e iniziai una metamorfosi così profonda che le persone iniziarono a chiamarmi “il diavolo”. Non ero più Alessio, ma ero il diavolo del mio quartiere. Un giorno cominciai ad arrabbiarmi con Dio e andai in una chiesa cattolica, salii sul pulpito, spinsi il prete e dal microfono cominciai a bestemmiare e a dire cose anti-cristiane. Non andai con nessun passamontagna, nessuna maschera per coprirmi il viso, andai a volto scoperto perché volevo che tutti vedessero colui che diceva quelle cose di Gesù. Il mio scopo, il mio obbiettivo, il mio sogno era far comprendere a tutti i cattolici la verità: “Non è vero che Gesù è buono, non è vero che Gesù è un Dio di grazia e di misericordia. Sono tutte bugie che raccontano i credenti; in verità Dio esiste, ma è un Dio malvagio, cattivo e si disinteressa delle nostre vite”. Questo era la mia chiamata ed il mio unico scopo. A quel punto, il prete della mia zona andò da tutti quelli del quartiere per dire loro di non far uscire i loro figli con me, perché ormai ero senza speranza. Lui mi conosceva da piccolo e per lui ero nato per morire cattivo perché per lui ero stato concepito dal diavolo. Questa era la mia situazione e questa era la mia storia. Un giorno un mio coetaneo mi disse: “Alessio io so quello che tu hai fatto e anche se non ci conosciamo conosco le tue opere perché tutto il quartiere parla di te, ma proprio per questo motivo voglio dirti una cosa: Dio vuole parlare con te, vieni nella nostra chiesa evangelica e vedrai che Dio ti parlerà!” Incredulo gli risposi: “Con me?! Ma sei sicuro di sapere quello che io ho fatto? Io rischio il carcere, i miei mi hanno rinnegato come figlio, ho picchiato ragazzi, persone con problemi. Un mio coetaneo aveva tentato il suicido a causa delle mie violenze. Anche indirettamente stavo per togliere la vita ad una persona. Tu sei sicuro che Dio ha voglia di parlare con me?” Non ci potevo credere che veramente Dio era disposto a parlare con me! Quel giorno decisi di accettare il suo invito in chiesa, andai con un mio amico, volevo fare caos, volevo fare guerra a Dio, ma prima di tutto cominciai a prendere in giro le persone, bestemmiando il nome di Dio. A me non importava del luogo o delle persone che mi circondavano, perché la mia missione era fare guerra a Dio e a tutti coloro che credevano in Lui. Però un giorno, un predicatore cominciò a parlare della mia vita, era come se mi conoscesse, eppure non l’avevo mai visto. Quando fece l’appello della salvezza andai avanti per la prima volta e dissi: “Se veramente tu mi ami, se veramente tu mi vuoi, allora abbracciami questa sera altrimenti continuerò a farti guerra. Se stasera tu mi abbraccerai io ti seguirò!” Quel giorno pregarono per me e io cominciai a piangere e per la prima volta mi sentii amato e perdonato dal Signore Gesù. Non mi vergognavo di piangere a dirotto, nonostante avessi sempre considerato deboli quelli che piangevano. Gesù quella sera mi fece sentire le Sue braccia che mi abbracciavano e una pace immensa entrò dentro di me! Da allora lo seguo ogni giorno della mia vita. Dio esiste ed è buono, non è malvagio come credevo. Oggi molti dicono che io sono cambiato perché ho abbracciato una fede. Non è vero, io sono stato trasformato perché quella sera Gesù abbracciò me! A Dio sia la gloria! Amen! Ferrentino Francesco La Manna

FEDE


Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono. Infatti, per essa fu resa buona testimonianza agli antichi. Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti. Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino; per mezzo di essa gli fu resa testimonianza che egli era giusto, quando Dio attestò di gradire le sue offerte; e per mezzo di essa, benché morto, egli parla ancora. Per fede Enoc fu rapito perché non vedesse la morte, e non fu più trovato, perché Dio lo aveva portato via ; infatti, prima che fosse portato via, ebbe la testimonianza di essere stato gradito a Dio. Ora senza fede è impossibile piacergli, poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano. Per fede Noè, divinamente avvertito di cose che non si vedevano ancora, con pio timore, preparò un’arca per la salvezza della sua famiglia; con la sua fede condannò il mondo e fu fatto erede della giustizia che si ha per mezzo della fede. Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio. Per fede anche Sara, benché sterile e fuori di età, ricevette forza di concepire, perché ritenne fedele colui che aveva fatto la promessa. Perciò da una sola persona, e già svigorita, è nata una discendenza numerosa come le stelle del cielo, come la sabbia lungo la riva del mare che non si può contare . Tutti costoro sono morti nella fede, senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra. Infatti, chi dice così dimostra di cercare una patria; e se avessero avuto a cuore quella da cui erano usciti, certo avrebbero avuto tempo di ritornarvi! Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, poiché ha preparato loro una città . Per fede Abraamo, quando fu messo alla prova, offrì Isacco; egli, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito. Eppure Dio gli aveva detto: «È in Isacco che ti sarà data una discendenza ». Abraamo era persuaso che Dio è potente da risuscitare anche i morti; e riebbe Isacco come per una specie di risurrezione. Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche riguardo a cose future. Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e adorò appoggiandosi in cima al suo bastone. Per fede Giuseppe, quando stava per morire, fece menzione dell’esodo dei figli d’Israele e diede disposizioni circa le sue ossa. Per fede Mosè, quando nacque, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello, e non ebbero paura dell’editto del re . Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio che godere per breve tempo i piaceri del peccato, stimando gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa. Per fede abbandonò l’Egitto, senza temere la collera del re, perché rimase costante, come se vedesse colui che è invisibile. Per fede celebrò la Pasqua e fece l’aspersione del sangue affinché lo sterminatore dei primogeniti non toccasse quelli degli Israeliti. Per fede passarono attraverso il mar Rosso come su terra asciutta, mentre gli Egiziani che tentarono di fare la stessa cosa furono inghiottiti. Per fede caddero le mura di Gerico dopo che gli Israeliti vi ebbero girato attorno per sette giorni. Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli increduli, avendo accolto con benevolenza le spie. Che dirò di più? Poiché il tempo mi mancherebbe per raccontare di Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide, Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, praticarono la giustizia, ottennero l’adempimento di promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, guarirono da infermità, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri. Ci furono donne che riebbero per risurrezione i loro morti; altri furono torturati perché non accettarono la loro liberazione, per ottenere una risurrezione migliore; altri furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, uccisi di spada; andarono attorno coperti di pelli di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro il mondo non era degno), erranti per deserti, monti, spelonche e per le grotte della terra. Tutti costoro, pur avendo avuto buona testimonianza per la loro fede, non ottennero ciò che era stato promesso; perché Dio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, in modo che loro non giungessero alla perfezione senza di noi. Ebrei 11:1‭-‬40.

“IL PULSANTE ROSSO”


1381307_605105746217015_489466585_nNegli anni cinquanta del ventesimo secolo, mentre in Cina infuriava un’altra ondata di persecuzione, il pastore Li fu arrestato nella provincia meridionale di Guangdong. Fu dichiarato colpevole di ‘attività controrivoluzionarie’ e condannato ai lavori forzati in una miniera di ferro nel più lontano nord-est della Cina. La moglie di Li e i suoi cinque figli, incluso un bambino appena nato, non avevano altro mezzo di sostentamento; essi decisero di unirsi al pastore Li nel suo viaggio di 2000 miglia fino a Heilongjiang, dove forse essi avrebbero potuto visitarlo occasionalmente, e dove avrebbero potuto stargli vicino nel caso fosse stato rilasciato miracolosamente. Vendettero tutto quello che possedevano e comprarono i biglietti per quel viaggio di una settimana sul treno. Quando arrivarono a destinazione, usarono delle vecchie tavole e un telone impermeabile per costruire una fragile capanna sulla strada che conduceva al campo dei lavori forzati. Il pastore Li lavorò come uno schiavo per 14 ore ogni giorno, con scarso cibo e a temperature ben sotto lo zero. Dopo tre mesi morì. Quando la famiglia ebbe la notizia del suo decesso, tutti si disperarono e furono profondamente depressi. Sua moglie non vedeva nessun futuro, e voleva morire. Trascurò terribilmente i suoi figli. Alla fine ella disse ai suoi figli che avrebbe dovuto cercarsi un lavoro. La figlia maggiore disse: ‘No, mamma, tu non puoi andare a lavorare’. Il neonato ha bisogno di te. Lui piange per te tutto il giorno. Andrò io a lavorare’. Quella ragazza dodicenne andò dal Direttore del campo dei lavori forzati, e gli disse: ‘Mio papà fu mandato in questo posto ‘dimenticato da Dio’ a causa del suo amore per Gesù Cristo. Quello fu il suo solo crimine. Egli era un uomo buono, che amava ed aiutava la gente. Ora egli è morto, e noi non abbiamo nè cibo, né soldi e neppure un posto dove vivere. Non possiamo neppure tornare al sud. Vorrei sapere se c’è qualche lavoro che io potrei fare nel campo’. Il Direttore si ricordò del pastore Li, e riconobbe che la bambina era sua figlia. Egli cedette a quel piccolo barlume di compassione che c’era nel suo cuore, e disse: ‘Ho un lavoro per te, ma è noioso, e la paga è scarsa’. Ella accettò immediatamente il lavoro.
Il Direttore la portò al posto dove 3000 prigionieri lavoravano nella miniera di ferro. Egli le disse: ‘Lo vedi quel pulsante rosso? Il tuo lavoro è quello di stare a fianco del pulsante tutto il giorno, e se qualcuno ti dice di premerlo, lo devi premere immediatamente. E’ il pulsante dell’allarme, che fa suonare una sirena sotto terra in profondità. Quando i minatori sentono la sirena, essi escono fuori dalla miniera il più velocemente possibile. Non devi mai premerlo per caso, ma solo quando uno di noi ti dice di farlo’. Così la piccola sorella Li stava a fianco del pulsante giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. Lei e la sua famiglia furono ricolmi di gioia quando ella ricevette la sua prima paga, nonostante si trattasse solo di pochi dollari. Un pomeriggio ella sentì all’improvviso una voce che le disse: ‘Premi il pulsante!’ Ella si voltò, cercando di scoprire chi aveva parlato, ma in quel posto non c’era ancora nessuno. Sentì ancora la stessa voce alcuni momenti dopo che le disse: ‘Presto! Premi il pulsante ora!’ Non c’era nessuno che si poteva vedere in quel posto, ed allora lei cominciò a pensare che stava perdendo la testa. Ella doveva premere il pulsante solo in caso di emergenza, e tutto sembrava essere normale. Alcuni secondi dopo, sentì ancora una volta la voce dirle con grande urgenza: ‘Sorella Li, premi il pulsante ora!’ Solo allora ella comprese che era il suo Signore che le stava parlando. Ella non capiva perché doveva premere il pulsante, ma sapeva che doveva ubbidire. La sirena suonò, e 3000 uomini salirono su alla superficie il più velocemente possibile, confusi e curiosi di scoprire che cosa era accaduto. Il Direttore venne correndo dal suo ufficio, chiedendo di sapere perché ella aveva premuto il pulsante. Pochi attimi dopo che l’ultimo prigioniero ebbe lasciato la miniera, la zona fu scossa da un grande terremoto. Tutta la miniera crollò, e fino ad oggi nessuno ha potuto ritornarci. Uno strano silenzio si diffuse quando il terremoto finì, e tutti guardavano a quella fragile figura che aveva premuto il pulsante rosso. Alla fine il Direttore riuscì a domandare: ‘Compagna Li, come …. come hai saputo che dovevi premere il pulsante rosso?’ Li rispose più forte che poteva, dicendo: ‘Il Signore Gesù Cristo mi ha comandato di premere il pulsate rosso. Per tre volte mi ha detto di premerlo prima che io lo premessi. Gesù Cristo è la sola via tramite cui voi potete giungere a conoscere il vero e vivente Dio. Egli vi ama, e vi ha appena dimostrato il suo amore salvando le vostre vite. Voi dovete convertirvi dai vostri peccati e dare le vostre vite a lui!’ Tutti i 3000 prigionieri e il direttore si inginocchiarono e pregarono che Gesù li perdonasse e venisse a vivere nei loro cuori.
Testimonianza tratta da: Asia Harvest Newsletter #80,

CARCERATI-TESTIMONIANZA


Immagine

Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo voi fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a farlo ancora di più e a farvi un punto di onore: v e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, e così condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e non avere bisogno di nessuno.

Partiamo dall’amore fraterno…c’è non c’è, una volta appare, una volta scompare secondo l’esigenza del momento. Spesso ipocrita: Eppure sappiamo cosa dovrebbe rappresentare l’amore; Paolo lo descrive molto bene: “L’amore è paziente, 
è benigno l’amore; non è invidioso l’amore,non si vanta, non si gonfia, 
non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. 
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.” Leggi 1 Corinzi 13 
Spesso con molta facilità, al contrario, odiamo, ci intromettiamo nei fatti degli altri, ci occupiamo di controversie per cose terrene, a volte lo facciamo di nostra iniziativa ed a volte lo facciamo perché una parte vorrebbe costituirci giudice o spartitore. Giudichiamo le azioni degli altri, spesso siamo trasportati nella maldicenza e critichiamo i comportamenti e le scelte degli altri, giudichiamo le loro decisioni, le loro scelte di vita terrena, diamo consigli che non ci sono stati chiesti ed entriamo con prepotenza nella loro vite . Facciamo pettegolezzi e critichiamo spesso le persone che non sono presenti e desideriamo che tutto quello rimanga occulto proprio alla persona che al centro del giudizio. Proprio Paolo ci esorta a farci i fatti nostri e non giudicare secondo la carne ma secondo lo Spirito, non guardando all’apparenza.
La Parola di Dio ci dice in Colossesi 3:8-13:”Ma ora deponete anche voi tutte queste cose: ira, collera, malignità, maldicenza, e non vi escano di bocca parole disoneste. Non mentite gli uni agli altri, giacché avete svestito l’uomo vecchio con i suoi atti e rivestito il nuovo, che si va rinnovando in conoscenza ad immagine di Colui che l’ha creato.”
Ed ancora:”Vestitevi dunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di tenera compassione, di benignità, di umiltà, di dolcezza, di longanimità; sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi.”
Lo sapete che la maggior parte dei problemi in seno alla chiesa sono dovuti alle maldicenze, alle bugie e alle ipocrisie? Che purtroppo, scoraggiano i più deboli, allontano i neo convertiti ed amareggiamo tutti i membri. Lo sapete che molte famiglie sono preda di queste cose proprio perché non ci si fa i fatti propri?
1° Timoteo 5:13 Ed anche, oltre a ciò, oziose, imparano ad andare attorno per le case; e non sol oziose, ma anche cianciatrici e curiose, parlando di cose che non si convengono. Il Signore ci ha chiamati a procacciare la pace e la santificazione, ciascuno di noi dobbiamo interessarci delle cose di Dio e non dei fatti degli altri, ci deve interessare più la nostra vita spirituale che i fatti altrui.”
Il risultato? Non certo quello che si era proposto il Signore.
Dobbiamo stare molto attenti a non portare dubbi, paure ed ansietà presentandoci come sapienti di cose che non conosciamo e di non dare consigli se non siamo certi che vengono dallo Spirito di Dio.
Il Signore guardi l’uscio delle nostre labbra e ci faccia parlare di cose che edificano e non di cose vane e non permetta che altri si facciano e fatti nostri o che noi ci facciamo i fatti degli altri.
Anche qui su questo social nw. mostratevi più indulgenti, senza proferire cose assurde e vane; rispettate la vite delle persone e non giudicate. 
“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano.” Leggi Efesini 4

Spero che nessuno sorvoli questo insegnamento perché davvero abbiamo di che togliere…e non mettere, preghiamo Dio che ci dia sapienza ed intelligenza.
Ti chiediamo Signore di perdonare ogni nostro pensiero malvagio, ogni parola bugiarda, ogni insinuazione malvagia verso il nostro prossimo. Ti ringraziamo, o Signore, che Tu vivi in noi attraverso il Tuo Santo Spirito. Che le nostre labbra possano, allora, esprimere parole di disponibilità amorevole e benedire. Vogliamo deporre, abbandonare definitivamente tutte queste cose: ira, collera, malignità, calunnia ed ogni parola oscena. 
Ti preghiamo di farlo perché il tuo popolo sia santificato nella Tua Parola e sia d’esempio in ogni cosa!