MANCA IL PANE, MANCA L’ ACQUA!-past.Gennaro Chiocca


“Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, Dio, in cui io manderò la fame nel paese, non fame di pane o sete d’acqua, ma la fame e la sete di ascoltare la Parola del Signore…. In quel giorno le belle ragazze e i giovani verranno meno per la sete” (Amos 8: 11,13)Quello che stiamo sperimentando ( almeno in Italia) credo sia una delle peggiori carestie spirituali che la Chiesa di Gesù Cristo abbia mai affrontato. Si vedono in giro ( in senso largo per le chiese, sui social..) un numero imprecisato di credenti “affamati” che chiedono ai loro pastori, ai loro leaders, di provvedere loro del cibo sostanzioso che sia vita, un cibo che sia di vero nutrimento adatto a sostenerli durante questi giorni di tenebre, proprio come fu ai tempi di Noè, durante il giudizio del diluvio (Genesi 6: 21). Eppure nonostante la presenza di ministeri nella Chiesa molte greggi stanno rimanendo senza cibo. Alcune anime stanno vivendo con “briciole” spirituali. Molti credenti lasciano i loro culti insoddisfatti, vuoti, stanchi di accostarsi alla tavola sparecchiata della casa di Dio. Tutto questo ha contristato lo Spirito Santo, il quale, lentamente, ha smesso di visitare alcune chiese. È fuori alla porta, come a Laodicea ( apocalisse 3:20), perché la Sua presenza è diventata un problema; si cercano doni mentre il donatore risulta essere un ostacolo. Per ora si parla ancora di Lui, ma senza di Lui! Il Signore ha provveduto da sempre pane in abbondanza per le anime in modo da sfamare tutti quelli che si accostano alla sua tavola. La sua Parola è per farci vivere, e no sopravvivere! È vita nel senso più pieno. La ragione di questa carestia è perché molti ministeri si stanno dando ad altro. Alcuni di questi hanno smesso di predicare le Scritture, come Pane disceso dal cielo. Certi pulpiti sono diventati “aule di tribunali” dove difendersi. I loro sermoni sono studiati come “difese” dal gregge, perchè inconsapevolmente accusati dalla fame dei credenti, che spesso si manifesta semplicemente attraverso i loro sguardi. Il Pane di Dio è Gesù stesso. Questo pane manca quando a mancare è la Sua presenza. Se la predicazione non è “a forma di Gesù” c’è carestia e mal nutrimento. Bisogna mangiarLo ogni giorno perché questo cibo produce la qualità di vita di cui lo stesso Gesù godeva. È questo pane che sta mancando oggi nelle chiese, eppure si avverte un bisogno disperato. Non molto tempo fa, uno dei maggiori attuali esponenti del movimento pentecostale in Italia, dichiarò a un raduno di pastori nel nord Italia, che il movimento pentecostale stava finendo. Un brivido mi ha percorso tutta la schiena all’udire questa affermazione. In realtà era quello che lui vedeva, in quanto sottometteva a un processo storico la morte del movimento. Lasciatemi dire che il movimento dello Spirito non finirà mai! Muoiono i movimenti denominazionali, chiese istituzionalizzate, muoiono i ministeri secolarizzati, ma non muore ciò che viene dallo Spirito. La fame di tanti credenti oggi testimonia ancora che lo Spirito produce ancora in alcuni il grido d’aiuto, il grido disperato di chi vuole essere tratto in salvo. Oggi manca il pane fresco, quello di giornata. Quello cotto sulle ginocchia della devozione, quello preparato nel forno della meditazione quotidiana, come ci insegna il “Padre Nostro”. Alcuni pezzi di pane sono dei veri e propri prodotti imbustati “dall’industria internet “; predicazioni copiate, ascoltate da altri e riprodotte come proprie, scaricate dal web …. Questi pezzi di pane ammuffiscono presto di compromessi, di peccati, di mondanità. In alcune “fette” si scorge una patina di mucido di religiosità apparente, di politicità, di poltronismo che rende le pecore inermi e invecchiate sulle dure panche dei locali di culto. Molte pecore rischiano infatti in alcune “chiese” di morire!David Wilkerson ne aveva già parlato in diversi suoi testi e in molte predicazioni aveva annunciato un periodo molto difficile per la Chiesa. La Carestia è arrivata e in questi ultimi 5 anni sta progredendo vertiginosamente. Più ci allontaniamo da Gesù, fonte di Vita, più la morte riacquista il diritto sulla nostra esistenza. Questo è quello che sta succedendo: in molte chiese e’ entrata la morte, molti ministeri stanno morendo perché hanno perso il contatto con Cristo, sono tralci che lentamente si sono staccati dalla vite. Per molti è più importante la denominazione a cui appartengono e il parere dei loro governi che Cristo stesso e la sua Parola. La sicurezza di uno “stipendio ecclesiale” da più garanzie di quanto possa dare la fede in questo preciso momento storico. Si preferisce rimanere senza pane celeste e andare avanti con piccoli pacchetti di cracker. Per molti credenti ahimè è iniziata una lenta decomposizione spirituale. Il livello spirituale per molti è questo: poca gioia, poco entusiasmo, molto rammarico, tanta maldicenza. Manca il Pane fresco e questo è il risultato! La carestia che sta imperversando su molte realtà ecclesiastiche sta facendo si che alcuni movimenti, di cui Dio se ne usato in passato, si allontanino da Gesù Risorto per abbracciare il “Gesù storico”, riponendo di nuovo “il corpo del Signore” nella tomba. Tutto questo mette in grave pericolo numerose pecore del gregge del Sommo pastore, da qui il desiderio di numerosi giovani di far parte di una chiesa dove ci sua una qualche forma di vita. Molti realizzano lo stato di morte della propria chiesa, e stufi, stanchi, la lasciano mettendosi alla ricerca di altre chiese, facendo a volte molti km pur di raggiungere un luogo benedetto dalla presenza di Dio. La profezia di Amos sembra proprio parlate di questi tempi; nonostante ci siano innumerevoli predicazioni, tanti insegnamenti, molte “rivelazioni” la fame e la sete continuano ad aumentare nel popolo di Dio. Il motivo è perché non viene offerto all’’uditorio il Pane disceso da cielo, l’Acqua che scaturisce a vita eterna. Troppi cibi precotti, ammuffiti e alcuni anche scaduti o meglio fuori dal tempo che viviamo! È una triste realtà: ma si muore di fame anche nella casa di Dio. Ho sentito da alcuni pastori che hanno visto numerosi credenti lasciare la chiesa parlare di “scrematura” piuttosto che ammettere che siamo in tempo di carestia. Alcuni che hanno lasciato le chiese troppo in fretta sono stati giudicati come dei criticoni. Forse lo sono pure stati….ma forse erano anche molto affamati. Non è certamente corretto abbandonare la propria chiesa, ma se rimanere in un determinato luogo significa perdersi allora è meglio che trovino altra pastura! La chiesa morta e’ diventato il miglior luogo per nascondersi dal Signore….. qui difficilmente potrai sentire il tuo cuore tremare, le tue viscere venire meno. Qui non dovrai preoccuparti molto se fumi ancora, se passi ore al bar, se salti i culti per stare ai compleanni, se ti assenti per un leggero mal di testa. Nelle chiese dove lo Spirito Santo è stato messo alla porta i predicatori hanno smesso di portare il lettuccio con il paralitico da calare davanti a Gesù e hanno iniziato invece a portare verso il cimitero il lettuccio con sopra il feretro del figlio della vedovia di Nain. In quelle chiese va tutto bene, non bisogna preoccuparsi di nulla: non bisogna andare per le strade, cercare i poveri, pregare per i “disgraziati”… va tutto bene si MUORE SOLO DI FAME E DI SETE!D. W. Ad Gennaro Chiocca

La Dottrina del pensiero positivo-David Wilkerson


Tra le cose che i cristiani trovano difficilissimo accettare c’è la sofferenza dei giusti. Fino al tempo di Cristo, i giudei associavano la prosperità e la buona salute alla santità. Credevano che se si era benestanti, sani fisicamente o circondati da altre benedizioni, era perché Dio mostrava di essere veramente compiaciuto della persona. Ecco perché per i discepoli era tanto difficile capire l’affermazione di Gesù secondo cui “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio” (Matteo 19:24). I discepolo chiesero: “Ma allora chi può essere salvato?” Allo stesso modo oggi esiste una falsa dottrina che dice che chi ha stretto un patto con Dio non deve soffrire mai: basta che invochi Dio ed Egli accorrerà per risolvere tutto immediatamente. Ma questo non è affatto il Vangelo! Gli eroi della fede elencati in Ebrei 11 camminarono tutti in stretta comunione con Dio e dovettero soffrire le lapidazioni, gli insulti, la tortura e le morti violenti. Lo stesso Paolo, che camminava strettamente unito a Dio, fece naufragio, fu lapidato, flagellato, lasciato quasi come morto, derubato, imprigionato e perseguitato. Soffrì la perdita di tutte le cose. Perché? Queste erano tutte prove e purificazioni, per dimostrare l’autenticità della sua fede alla gloria di Dio. Non so quale sia la vostra area di prova. So comunque che molti figli preziosi di Dio pregano da anni per la liberazione, specialmente per la guarigione fisica, e non l’hanno ancora ottenuta. Io credo che avremo afflizioni che guariscono. Disse Davide: “Prima di essere stato afflitto, andavo errando, ma ora osservo la Tua parola” (Salmo 119:67). Ci sono state delle volte in cui ho dovuto sopportare il dolore fisico per anni interi. In ogni occasione ho pregato Dio di guarirmi, eppure attraverso il dolore potevo sentire Dio all’opera nella mia vita, che mi spingeva verso Gesù e che mi faceva rimanere in ginocchio. Alla fine di ciascun episodio doloroso, potevo dire che era stata una buona esperienza per me. Volete essere uomini e donne di Dio? Volete sperimentare la mano di Dio sulla vostra vita? Allora bevete il calice del dolore e bagnate il vostro letto di lacrime. Non chiedete a Dio soltanto la guarigione, ma tutto ciò che Egli vuole che voi impariate attraverso la tribolazione. Il vostro dolore potrebbe anche essere non fisico; talvolta un altro tipo di dolore è ben peggiore. E’ il dolore di essere feriti e rigettati da amici, il dolore che sentono i genitori quando gli adolescenti calpestano il loro cuore e diventano a loro estranei. E’ il dolore che riempie i cuori di mariti e moglie quando si elevano barriere di silenzio e scompare il primo amore. Quanto sembra tragico: quell’inquietudine interiore, le difficoltà in casa, quelle notti senza posa e senza sonno, sapere che Dio è una realtà vivente, che state camminando nello Spirito e che amate Gesù con tutte le forze e, nonostante tutto, state ancora sopportando l’afflizione. Voglio dirvi questo: Rimanete saldi. Dio promette di liberarvi. L’apostolo Pietro lasciò queste parole incoraggiante per quanto riguarda prove e tribolazioni nella nostra vita:”Carissimi, non vi stupite per l’incendio che divampa in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, rallegratevi in quanto partecipe alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione della sua gloria, possiate rallegrarvi ed esultare.” (1 Pietro 4:12-13).”Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo (1Pietro 1:6-7).David Wilkerson

MA CHE HAI FATTO PER LUI?-Roberto Bracco


bracco-1Quando c’è l’opportunità di visitare il popolo di Dio sparso nel mondo, quando cioè si presenta l’occasione di venire a contatto con i credenti delle chiese che s’incontrano ovunque, si rinnova immancabilmente il modo di udire fiumi di lamentele nei confronti dei conduttori delle comunità.
Non tutti i cristiani hanno motivo di lamentarsi del proprio pastore e neanche tutti desiderano fare della maldicenza il loro esercizio preferito, ma gli eterni scontenti non mancano e si trovano ovunque. Forse un modo efficace per difendersi dall’insidia sottile di questi amari parlatori è di non ascoltarli; ma un modo più efficace ed anche più salutare per essi è di ascoltarli per poi rivolgere loro la semplice domanda: «Ma tu che hai fatto per lui?»
Immaginatevi di trovarvi alla presenza di uno di questi maldicenti; probabilmente vi ha invitati alla sua casa e alla sua mensa e, dopo avervi onorati e aver elogiato il vostro ministerio, il vostro amore, la vostra santità, incomincerà a parlare delle sue afflizioni. Il suo pastore non possiede «un messaggio» e quando predica non riesce ad interessare nessuno perchè le sue parole sono povere, i suoi argomenti deboli, la sua conoscenza superficiale… Ascoltatelo, ascoltatelo attentamente e, quando egli avrà raggiunta la conclusione, domandategli semplicemente: «Ma tu che hai fatto per lui?» È inutile fargli notare che ogni ministerio ha una sua caratteristica e che il messaggio di un pastore non può essere uguale al messaggio di un altro; è inutile fargli notare che se Dio ha fatto prosperare una chiesa per il messaggio del suo servo vuol dire che anche in quel messaggio c’è alimento spirituale. È inutile far notare questo ed altre dieci cose; sarebbero soltanto argomenti di discussioni e forse di nuove maldicenze; è meglio chiedere soltanto: «Ma tu che hai fatto per lui?» Questa domanda ne contiene molteplici in se stessa, perchè indirettamente chiede: «Hai pregato per lui?.
Hai chiesto a Dio che rivestisse di maggior potenza il suo ministerio?
Ti sei adoperato per offrire al tuo pastore la possibilità di applicarsi di più e meglio alla preghiera e alla Parola?» Forse l’acre scontento avrà da dire che il suo pastore è pigro nell’esercizio del ministerio; non è assiduo nel fare visite; non è solerte nel rendere interessanti e vari i programmi di chiesa; non è attivo nell’organizzare e promuovere le attività della comunità.
Non vi consiglio di polemizzare con lui; potreste facilmente fargli notare che «quel che non si fa è visibile a tutti, mentre quel che si fa passa inosservato a molti»; potreste cioè fargli notare che egli si è accorto di quello che il pastore non ha fatto e non fa, ma non ha posta attenzione a quello che il pastore ha fatto; forse egli ha svolto un lavoro che ha preso tutte le sue energie ed il suo tempo e non ha potuto fare di più, proprio perchè non aveva più tempo e più forza… Ma non vi consiglio di dire tutto questo; ditegli semplicemente: «Ma tu che hai fatto per lui?» Egli comprenderà che voi gli domandate quando e come ha aiutato il suo pastore; con questa domanda voi chiedete se veramente egli è stato un incoraggiamento, un’ispirazione al suo pastore. Probabilmente il credente che ha imbandita una tavola per voi avrà soltanto da dirvi che il suo pastore è privo dell’amore necessario ad un ministro di Dio; v’informerà che riprende con troppa severità, che è esageratamente esigente, che non sa comprendere e scusare i giovani, che è privo di qualsiasi sentimento di tolleranza verso gli erranti. Lasciatelo parlare e permettetegli di esaurire totalmente l’elenco dei difetti del suo pastore; poi chiedetegli semplicemente: «Ma tu che hai fatto per lui?» Sarebbe più interessante discutere intorno al carattere dell’amore per chiarire che quello che noi chiamiamo amore qualche volta è semplicemente un’espansività naturale o addirittura una formalità sociale, mentre il vero amore, anche senza ninnoli e fronzoli, cerca il bene di coloro verso i quali è rivolto. Sarebbe anche bello illustrare gli aspetti dell’amore cristiano che è dolce, profondo, eroico eppure qualche volta duro, deciso, severo per combattere il male… Sarebbe bello, ma forse è più efficace chiedere soltanto: «Ma tu che ha fatto per lui?» Tu che hai invitato noi forestieri che soltanto occasionalmente siamo venuti a darti una briciola del nostro ministerio; tu che sei stato pronto ad onorarci, elogiarci, incoraggiarci; tu, proprio tu, quante volte hai invitato ed onorato il tuo pastore? Quante volte hai riscaldato il suo cuore con il tuo amore? Quante volte hai suscitata la sua comprensione con la tua comprensione? «Tu che hai fatto per lui?» Questa è una domanda che può essere posta dopo ogni sequela di lamentele; è la risposta risolutiva ad ogni giudizio e ad ogni maldicenza. Giudicare e condannare è sempre facile, ed è facile a tutti, ma è particolarmente facile quando giudizio o condanna devono essere rovesciati sopra il capo di un pastore; egli può aver dato gli anni più belli, le energie più preziose, la dedizione più profonda per l’opera del ministerio, ma non avrà mai potuto soddisfare tutti. Il bene non si vede o si dimentica facilmente, le virtù si nascondono agli occhi di molti…, ma i difetti, le lacune, le inadempienze, anche se sono il risultato fatale di un’imperfezione non ancora colmata o di circostanze indipendenti dalla volontà, sono facilmente individuate e… ingigantite. No, non è difficile giudicare e condannare, ma a tutti coloro che sono pronti a disprezzare il «dono ricevuto da Dio», a colpire «l’unto di Dio» chiedete semplicemente e severamente: «Ma tu che hai fatto per lui?»
(Roberto Bracco da Risveglio Pentecostale n.4 aprile 1961).

Pastore Roberto Bracco


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Dove è assente l’amore è assente Cristo, e dove è assente Cristo è assente il cristianesimo, il vero cristianesimo. Una teologia cristiana, o una liturgia cristiana quando non sono vivificate dall’amore sono corpi senza spirito. Denominazioni, organizzazioni, programmi, istituzioni, possono fregiarsi dei più lusinghieri nomi e fare sempre riferimento a Cristo o al cristianesimo, ma se non hanno, quale essenza l‘amore, appartengono al mondo e non a Cristo.

Un vaso adatto al servizio del Maestro di Charles E. Greenaway



“La parola che fu rivolta a Geremia da parte dell’Eterno, in questi termini: “Levati, scendi in casa del vasaio, e quivi ti farò udire le mie parole”. Allora io scesi in casa del vasaio, ed ecco egli stava lavorando alla ruota; e il vaso che faceva si guastò, come succede all’argilla in man del vasaio, ed egli da capo ne fece un altro vaso come a lui parve bene di farlo. E la parola dell’Eterno mi fu rivolta in questi termini: O casa d’Israele, non posso io far di voi quello che fa questo vasaio?, dice l’Eterno. Ecco, quel che l’argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia, o casa d’Israele!” (Geremia 18:1-6).


L’uomo è stato creato dalla polvere della terra. Ho osservato il lavoro dei vasai e per me è stato motivo di grande insegnamento. L’argilla non può far nulla e non ha alcun valore.
Siamo soltanto argilla e non possiamo nulla da noi stessi. Soltanto il Vasaio può fare di noi ciò che dobbiamo essere; soltanto Gesù può salvare la tua vita per farti ciò che a Lui è maggiormente gradito. Quell’argilla deve essere estratta e trasportata nella casa del vasaio; se il vasaio vuole lavorarla, deve prima procurarsela. L’argilla è informe, non ha nulla di attraente… senza Gesù siamo privi di qualsiasi bellezza! Egli però scava; nell’argilla si possono trovare anche sassi o altri elementi che fanno parte del terreno, come radici di piante, ecc., ed è proprio per questa ragione che il vasaio la porta a casa. Vi sono tanti cristiani che non vogliono raggiungere la casa del vasaio, preferiscono restare argilla e basta: “Non scavare in me, non togliermi quelle pietre”, ma Dio ha un progetto per l’argilla. Perciò la porta in casa e la prima cosa che fa la lava: noi credenti non siamo purificati finché non veniamo lavati con il sangue di Gesù. Non puoi soltanto desiderare di diventare un bel vaso, ma potrai esserlo prima di tutto perché sei stato lavato con il sangue di Gesù. Dopo averla lavata, il vasaio prende l’argilla, la solleva e la scaglia a terra ripetutamente. Così dice il Signore a Geremia: “Guarda come fa il vasaio, fammi fare lo stesso con te!” Perché il vasaio si comporta così? Perché getta l’argilla a terra? In questo modo si disperde tutta l’aria, perché se c’è dell’aria nell’argilla, ovvero nei credenti tutto ciò che non ha valore ed è nocivo, non si potrà mai trarne un vaso. Infatti, una volta posto nel forno, tutti questi vuoti d’aria esplodono e il vaso va in frantumi. Perciò, deve uscire tutto da noi, tutto ciò che appartiene al nostro “io”. Dobbiamo fare molta attenzione agli inutili vuoti d’aria.
Ricordo di aver visto un meraviglioso elefante scolpito nel granito. Un giorno ho incontrato un uomo che aveva conosciuto l’autore di quell’opera stupenda e mi ha raccontato che una volta un visitatore entrò nello studio dello scultore per ringraziarlo di aver fatto un’opera così bella. In quella occasione gli chiese: “Come è possibile ricavare una figura così perfetta da un blocco di granito?”. Lo scultore gli rispose: “Prendi lo scalpello e il martello, vieni qui, vicino a questo blocco di pietra e ti mostrerò come si scolpisce un elefante”. Il visitatore prese il martello con lo scalpello e si avvicinò al marmo e disse: “Cosa debbo fare ora?” , e lo scultore gli rispose: “Togli da quel pezzo di granito tutto quello che non sembra un elefante!”. Finche non abbandoniamo tutto quello che non assomiglia a Gesù non saremo mai un vaso adatto per l’uso del Maestro. Signore aiutaci, spezzaci, modificaci, formaci, fa tutto ciò che vuoi con ciascuno di noi, ma usaci! Vogliamo essere vasi adatti al servizio del Maestro, ma se vogliamo esserlo dobbiamo permettere al Vasaio di lavorarci.

Il vaso sulla ruota

Dopo averla lavata e liberata da tutta l’aria, allora il vasaio mette l’argilla sulla ruota, che comincia a girare, perché l’argilla non può essere assolutamente lavorata se la ruota non gira. Questo è il nostro problema! Non ci piace stare sulla ruota, ci fa male. Qualche volta il vaso si frantuma e il vasaio lo mette di nuovo sulla ruota perché è determinato a farne un’opera adatta per l’uso a cui è destinata. Molti desiderano essere usati da Dio, ma non vogliono rimanere sulla ruota, non vogliono essere formati e non possono diventare ciò che Dio vuole finché non sono disposti a restare sulla ruota.. Oggi c’ è la tendenza ad andare in chiesa per cantare, per pregare, ma non per restare sulla ruota. Se non si rimane sulla ruota il canto svanirà, il desiderio di pregare verrà meno e dobbiamo fare molta attenzione che non ci rechiamo in chiesa soltanto per abitudine. Ogni volta che frequentiamo la riunione di culto e lo Spirito Santo interviene siamo sulla ruota, perché vuole renderci dei vasi migliori, perché ci ama! Non è facile restare sulla ruota, fa male, “fa girare la testa”. Quando scendiamo dalla ruota pensiamo: “Adesso finalmente tutto è passato!”. Quando si diventa più anziani si pensa di conoscere tutte le soluzioni. Ho i capelli bianchi, ho predicato per tanti anni, ho viaggiato su tutte le strade, son passato per la giungla, ho attraversato i deserti, ho scalato montagne e penso che ormai tutto sia concluso. Ma non è così! Negli ultimi due anni, mia moglie ed io, abbiamo affrontato la tempesta, la più grave della nostra vita. Siamo stati grandemente provati: non arriva mai il momento in cui si può scendere dalla ruota! Quel pochino di fede è stata affinata: non si scende mai dalla ruota del Signore perché dobbiamo essere adatti per l’uso del Maestro!

Il vaso nel forno

Quando il vaso è tolto dalla ruota, è messo poi nel forno, nella fornace, in mezzo al fuoco, e quando il vasaio li mette nel forno, i vasi non si possono toccare l’uno con l’altro, debbono restare separati. Dio non vuole che ci disintegriamo nel fuoco. Purtroppo, sovente vedo qualcuno che si frantuma perché non comprende che nel fuoco bisogna rimanere soli.
Mia madre aveva ventinove anni e rimase vedova con sei bambini durante il periodo della grande depressione americana. Non aveva nessuno che l’aiutasse, era una vedova senza speranza, praticamente sul lastrico, e per anni attese “sulle sue ginocchia”, in silenziosa preghiera. Tornavamo a casa alle due del mattino, non eravamo ancora convertiti al Signore, pian piano salivamo i gradini e arrivavamo vicino alla sua stanza sperando che stesse dormendo, ma ogni volta la sentivamo pregare: “O Dio, abbi misericordia dei miei figli, falli dei vasi adatti per l’uso del Maestro!”. Andavamo a letto e ci sentivamo come Giuda Iscariota. Ma mia madre continuò a pregare per i suoi figli. Ricordo la sera che il Signore mi salvò, perfino quella sera non volevo, ma lei continuava a pregare: mia madre era rimasta sulla ruota! Non ha mai potuto disporre di un anello con brillante, non ha mai indossato un vestito di seta, se voleva accarezzarci doveva tirar fuori dall’acqua le sue mani da lavandaia; lavorava giorno e notte, ma era un vaso adatto per l’uso del Maestro! Rimase sulla ruota, da sola passò attraverso il fuoco, ma visse per vedere i suoi figli andare a piantare “la croce di Cristo” lontano nel mondo!
Rimanete sulla ruota, siate disposti a passare anche attraverso il fuoco, ma alla fine siate un vaso adatto per l’uso del Maestro! Mia madre visse fino a tardissima età, l’ho seppellita due anni fa (1988). Gli ultimi tre anni non mi riconosceva più, entravo e mi chiedeva: “Chi sei?”. “Sono Carlo”. “Carlo è morto”, rispondeva. Io piangevo, per tre anni sono andato a visitarla per starle vicino e dirle soltanto: “Ti amo mamma”, mi guardava per un po’ e mi diceva: “Anch’io ti amo… ma ti chi sei?”. E questo mi avviliva. Quando morì, una delle inquiline della casa dove abitava mi disse: “Signor Greenaway, sua madre era una donna eccezionale, quando si arriva ad essere anziani come lei si dicono cose incomprensibili, si fanno cose inspiegabili, ma sua madre non era così. La Bibbia era sempre lì, sul suo comodino, accanto a lei, nei momenti di lucidità, che duravano forse venti minuti, afferrava la Bibbia e cominciava a leggere e a parlare delle cose di Dio, e tutte le ricoverate anziane si accomodavano attorno a lei e dopo venti minuti si guardava intorno e si domandava cosa facesse tutta quella gente. Signor Greenaway, sono certa che almeno cinque donne sono in cielo col Signore perché sua madre le ha condotte a Cristo in quei momenti di lucidità” Dio è fedele!
Mio fratello è cresciuto in chiesa, suonava la tromba nell’orchestra. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale fu chiamato alle armi, affrontò la guerra ma una volta finita non è mai più entrato in chiesa. Quello che cerco di dirvi è che la ruota è sempre lì, attuale com’è attuale il fuoco del forno, ma il Maestro, il sommo Vasaio dice ancora: “Cosa posso fare con te, non posso forse fare quello che il vasaio fa a questo vaso?”. Abbiamo pregato per mio fratello. Intanto si è sposato, ha avuto quattro figli che non hanno mai varcato la soglia di una chiesa. Chiamavo mia madre e le domandavo: “Che ne pensi di Melvin?”, ella rispondeva: “Mio figlio tornerà al Signore”. “Come lo sai mamma?”. “Dio è fedele”, era la risposta. Non ho mai smesso di credere che basta essere un vaso nelle mani di Dio! Soltanto Dio può farci il vaso che vuole che siamo.
Puoi andare a scuola, essere brillante, intraprendere una promettente carriera, ma non sarai mai un vaso ad onore finche non sarai disposto a lasciarti formare dalle Sue stesse mani. Sommo vasaio cosa vuoi fare di me? Mettimi sulla ruota, spezzami, piegami, formami, ma fa che io sia un vaso adatto per il Tuo servizio. Passarono diciassette anni e mio fratello non era ancora tornato al Signore, mia madre diceva: “Ce la farà”. Ricordo che un giorno, mentre lasciavo l’ufficio, mi dissero che c’era una telefonata per me. All’altro capo del filo una voce mi comunicò: “Tuo fratello è morto stamattina”. Piansi ma non per me, non piangevo neanche per lui, era troppo tardi, ma piangevo per mia madre, uno dei vasi di Dio che aveva creduto che quel ragazzo sarebbe tornato al Signore ed ora invece era morto. Dovevo partire per l’Europa la sera stessa, ma desideravo vedere mio fratello. Presi l’aereo e mi recai a Boston; noleggiai un’automobile e mi diressi verso la camera mortuaria; entrai, lo baciai piangendo. Poi sentii che qualcuno mi si era avvicinato, era sua moglie che mi disse: “Carlo, vieni, siediti accanto a me, voglio raccontarti qualcosa, forse ti consolerà. Non capisco nulla di queste cose, ma ieri sera quando stava per coricarsi, Melvin ha baciato i bambini poi è entrato in camera. Si è messo in ginocchio, vicino al letto, e ha cominciato a fare qualcosa che non sapevo facesse: ha alzato le mani verso il cielo iniziando a pregare mentre le lagrime scorrevano sul suo viso. La cosa strana è che tuo fratello ha cominciato a pregare in una lingua che non conoscevo”.

Quel ragazzo era tornato al “calvario”, era tornato all'”alto solaio”. Alcune ore dopo aveva preso l’automobile, l’aveva messa in moto e in un istante aveva reclinato il capo sul volante. Dio è fedele! Rimani sulla ruota! Passa pure attraverso il fuoco, lascia che Egli ti formi e ti renda un vaso che possa essere usato da Lui!

GARANZIA DI VITTORIA


“… È l’Eterno, forte e potente, l’Eterno potente in battaglia” (Salmo 24:8)

Il nostro Dio può a ragione essere glorioso agli occhi del Suo popolo, visto che Egli ha operato miracoli in suo favore. Per esso il Signore Gesù sul calvario ha affrontato ogni nemico, distruggendone le armi mediante la Sua opera di ubbidienza perfetta. Con la Sua trionfante risurrezione. Egli capovolse completamente le speranze dell’inferno, riducendo in schiavitù i prigionieri, dando apertamente spettacolo dei nostri nemici e trionfando su di loro per mezzo della Sua croce. Ogni freccia malvagia che Satana possa aver diretto verso di noi viene spezzata. Sono inutili le spade affilate della malizia infernale, poiché in mezzo alla chiesa anche lo zoppo afferra la sua preda, e il guerriero più debole viene incoronato.
Quelli che sono salvati possono a ragione adorare il Signore per le conquiste che ha compiuto in loro favore, poiché le frecce del loro odio naturale si sono infrante e le armi della loro ribellione sono distrutte. Quali vittorie ha ottenuto la grazia nel nostro cuore malvagio! Come è glorioso Gesù quando la volontà è sottomessa e il peccato è annichilito! Durante la nostra vita terrena sosterremo una lotta impegnativa, ma ogni tentazione, dubbio e timore sarà alla fine distrutto. Nella tranquillità del nostro cuore il nome di Gesù è grande oltre misura: Egli ha guadagnato il nostro amore e lo porterà con Sé. In tal modo possiamo aspettarci con certezza le vittorie per mezzo nostro. Noi siamo più che vincitori per Colui che ci ha amati. Abbatteremo le potenze delle tenebre che sono nel mondo per mezzo della nostra fede, dello zelo
e della santità. Porteremo a Gesù i peccatori, rovesceremo i falsi profeti, convertiremo le nazioni, poiché Dio è con noi, e nessuno potrà resistere.
Il credente guerriero canti l’inno di battaglia e si prepari per lo scontro di domani. Colui che è in noi è più grande di colui che è nel mondo.

Charles Spurgeon

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Un gesto d’amore


“Poi mise dell’acqua nel bacino, e cominciò a lavare i piedi a’ discepoli, e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era conto” (Giovanni 13:5)

Il Signore Gesù ama così tanto i Suoi figli, che ogni giorno compie per loro qualcosa d’analogo al gesto di lavare loro i piedi. Egli accetta le loro misere azioni, sente il loro più profondo dolore, ascolta il più nascosto desiderio, e perdona ogni trasgressione. Egli non soltanto compie opere maestose, come indossare la mitra sul capo e i gioielli preziosi sul petto, e intercedere per i Suoi, ma va con pazienza e umiltà in mezzo al Suo popolo con il bacino e l’asciugatoio. Egli fa questo quando giorno per giorno toglie le nostre continue infermità e i nostri peccati. Ieri notte, quando hai piegato le ginocchia, hai confessato con dolore che la tua condotta non era degna della tua professione di fede; e anche stanotte devi confessare che sei caduto nuovamente nella stessa follia e nello stesso peccato da cui la grazia speciale ti aveva liberato tempo addietro. Eppure Gesù avrà tanta pazienza con te, ascolterà la tua confessione di peccato e dirà: “Io lo voglio, sii netto”; Egli applicherà di nuovo il sangue dell’aspersione e trasmetterà pace alla tua coscienza, rimuovendo ogni macchia. È un grande atto d’amore quello che compie Cristo quando assolve il peccatore una volta per tutte e lo inserisce nella famiglia di Dio; ma quale pazienza condiscendente ha il Salvatore quando sopporta con dolore le ricorrenti follie del Suo discepolo ostinato? Giorno per giorno, ora per ora, lava le trasgressioni del Suo figlio errante ma amaro! È qualcosa di meraviglioso placare un moto di ribellione, ma sopportare il continuo stillicidio di offese con grande pazienza, è davvero una prerogativa divina! Mentre troviamo conforto e pace nella purificazione giornaliera del nostro Signore, la Sua legittima influenza su di noi ci renderà più vigilanti e risveglierà il nostro desiderio di santità.

Charles Spurgeon

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Efficacia della preghiera


“… e la loro preghiera giunse fino al cielo, fino alla santa dimora dell’Eterno” (II Cronache 30:27)

La preghiera è un rifugio sempre sicuro per il credente, in ogni situazione e di fronte a qualsiasi perplessità. Quando non puoi usare la spada, puoi prendere l’arma della preghiera. Le tue polveri possono essere umide, la corda dell’arco può essersi allentata, ma l’arma della preghiera non è mai fuori posto. Il Leviatan ride del giavellotto, ma trema davanti alla preghiera. La spada e la lancia devono essere lustrate, ma la preghiera non arrugginisce mai, e quando pensiamo che sia necessario affilarla, essa taglia ancora meglio. La preghiera è una porta aperta che nessuno può chiudere. I demoni possono circondarti da ogni lato, ma la via verso l’alto è sempre aperta, e fino a quando quella strada sarà libera, tu non cadrai nelle mani del nemico. Fino a quando il soccorso celeste può giungere a noi per mezzo della scala di Giacobbe ed assisterci nel momento del bisogno, non potremo mai essere presi con un assedio, con una scalata o nella tempesta. La preghiera non è mai fuori luogo: tanto in estate quanto in inverno la sua mercanzia è preziosa. La preghiera ottiene udienza in cielo nella notte fonda, nel mezzo degli impegni, nel calore del mezzogiorno, nelle ombre della sera. In ogni condizione, sia di povertà sia di malattia, di tenebre, di calunnia o di dubbio, il Dio del patto accoglierà la tua pregheira è risponderà dal Suo luogo santo. La pregheira non è mai futile, quella vera è sempre un’autentica potenza. Anche se non puoi sempre ricevere ciò che chiedi, i tuoi bisogni saranno sempre soddisfatti. Quando Dio non risponde ai Suoi figli alla lettera, Egli lo fa secondo lo spirito. Se chiedi un pasto l’auto, ti potrai arrabbiare se Egli ti dona la farina fina? Se cerchi la salute fisica, ti puoi lamentare se Egli guarisce le tue malattie spirituali?
Anima mia, non dimenticare di presentare la tua richiesta, poiché il Signore è pronto a soddisfare i tuoi desideri.

Charles Spurgeon

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PREPARANDOCI PER ANDARGLI INCONTRO by David Wilkerson


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“Così quelli che erano riuniti assieme lo interrogarono, dicendo: «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?». Ma egli disse loro: «Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti adatti, che il Padre ha stabilito di sua propria autorità…Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu sollevato in alto; e una nuvola lo accolse e lo sottrasse dai loro occhi. Come essi avevano gli occhi fissi in cielo, mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono loro, e dissero: «Uomini Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che è stato portato in cielo di mezzo a voi, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo»” (Atti 1:6-7, 9-11).

Gesù radunò coloro che erano stati scelti per vederlo ascendere al Padre – “E, ritrovandosi assieme” (Atti 1:4). Circa 120 persone vennero chiamate da Gesù Stesso al Monte degli Ulivi. Non credo sapessero o avessero afferrato quanto stesse per accadere. Egli aveva provato a prepararli al Suo ritorno al Padre: “Perché io vado al Padre e non mi vedrete più” (Giovanni 16:10). Come potrebbe una mente limitata comprendere tali parole? In che modo se ne sarebbe andato? Sarebbe sceso un carro come per Elia o sarebbe improvvisamente scomparso nell’aria? Era qualcosa circa la quale Gesù li aveva avvertiti: “Avete udito che vi ho detto: “Io me ne vado e tornerò a voi”. Se voi mi amaste, vi rallegrereste perché ho detto: “Io vado al Padre”” (Giovanni 14:28). Essi dissero, “Che cosa è questo “fra poco”, di cui parla? Noi non sappiamo quello che vuol dire” (Giovanni 16:18).

Allo stesso modo in cui radunò i discepoli, Gesù radunerà ancora il Suo popolo per prepararci al Suo ritorno. Ma noi comprenderemo? Dio ha sempre avuto un popolo, ma subito prima della Sua venuta, Egli farà esattamente come prima di andarsene. Egli lo sta facendo adesso, in realtà! Sta succedendo qui nella Chiesa di Times Square e in tutta l’America, la Cina, l’Europa, la Polonia, la Russia. Alla chiamata dello Spirito Santo, si stanno radunando piccoli e grandi gruppi di persone per “andargli incontro”. Essi hanno udito la tromba! Hanno udito il grido, “Ecco lo sposo; uscitegli incontro” (Matteo 25:6).