Vietnam: pastore in carcere


Il pastore vietnamita Nguyen Cong Chinh si trova in carcere dal 2011 e gli vengono negati perfino i minimi diritti concessi dalla legge vietnamita.

Il pastore vietnamita Nguyen Cong Chinh (50 anni), incarcerato dal 2011 per il suo attivismo nel campo delle libertà religiose e della difesa dei diritti dei cristiani delle zone rurali del Vietnam, è stato di recente messo in isolamento senza la possibilità di avere contatti coi familiari. A scatenare questo ulteriore provvedimento contro di lui è stata la richiesta di essere trattato almeno come gli altri detenuti (criminali di vario tipo). La povera moglie Tran Thi Hong ha scoperto questo inasprimento della pena solo quando recatasi a fargli visita, le hanno comunicato che era stato trasferito addirittura in una prigione di un’altra provincia. “E’ stato trasferito perché ha rifiutato di dichiararsi colpevole dei suoi crimini“, ha detto una guardia alla moglie.

Tra i diritti minimi concessi ai prigionieri c’è quello di telefonare (una volta al mese!) ai propri familiari. Vedendosi negata anche questa possibilità, il pastore Chinh ha chiesto spiegazioni e si è appellato al diritto di telefonare alla moglie almeno una volta al mese: per tutta risposta, oltre a non poter telefonare, gli hanno servito il successivo pasto con dei pezzi di vetro e dei chiodi all’interno del piatto. Nei giorni successivi invece mosche morte erano mescolate alla zuppa, mentre l’acqua da bere puzzava di insetticida. I pochi beni di sua proprietà gli sono stati confiscati, compresa la sua copia personale della Bibbia. “Lo tengono in una cella di isolamento, distante da tutti, e gli danno il cibo attraverso una finestrella 2 volte al giorno“, dichiara spaventata la moglie Hong.

L’Assemblea Nazionale del Vietnam (Parlamento) ha ratificato il 18 novembre 2016 una legge sulla libertà religiosa che ha suscitato vivaci critiche da parte di alcuni parlamentari, degli attivisti per i diritti umani e di diversi gruppi religiosi. Secondo gli oppositori, appare chiaro che la legge sia ben al di sotto degli standard minimi dei diritti umani e più che proteggere sembra restringere le libertà religiose. Secondo i nostri ricercatori, questa legislazione potrebbe rendere le comunità cristiane ancor più vulnerabili.

Dopo numerosi tentativi la moglie ha potuto finalmente rivedere il pastore Chinh (ma solo attraverso un vetro), trovandolo visibilmente debilitato. Incarcerato con la difficilmente comprensibile accusa di “insidia alla solidarietà nazionale”, gli è stata addirittura comminata una pena di 11 anni, che ha iniziato a scontare nel 2011 (e da allora è stato già trasferito in 3 carceri differenti).

 

Libia: nel caos si arrestano i cristiani


 Proseguono gli arresti di cristiani, ma questa volta è un libico ex-musulmano a capitare nelle mani di una delle autorità al potere nel paese. 

Un cristiano libico è stato arrestato a Benghazi (Libia), da ufficiali della Amministrazione Generale per l’Investigazione Criminale. La notizia è stata rilanciata dal sito del periodico “Libya Herald”.  A quanto pare il cristiano arrestato, di cui non si sa il nome, è accusato di “proselitismo attraverso social media e denigrazione dell’islam“. Secondo fonti locali, dunque, l’accusa sostiene che l’uomo, un ex-musulmano convertitosi già da alcuni anni al cristianesimo, avrebbe usato i social media per evangelizzare altri. Si riporta tra l’altro, che sarebbe stato in contatto con un altro convertito in Marocco, che lo avrebbe aiutato in questa opera evangelistica.

La cosiddetta Costituzione provvisoria libica del 2011 dichiara che l’islam è la religione della Libia e che la fonte principale della legislazione è la legge islamica (sharia). Questa carta provvisoria non parla esplicitamente della conversione, tuttavia: “Abbandonare l’islam è totalmente inaccettabile per gran parte dei libici“, afferma apertamente il “Libya Herald”. Tra l’altro, nei mesi passati svariati cristiani non-libici sono stati arrestati da differenti milizie (il paese è diviso e l’amministrazione non è nelle mani di un’unica fonte di potere). Nessuno di loro è stato liberato finora.

Gli investigatori dell’instabile governo libico (quello riconosciuto internazionalmente) avrebbero impegnato risorse per intercettare l’indirizzo IP del computer del cristiano arrestato: evidentemente il Vangelo è considerato pericoloso quanto l’ISIS o la guerra civile interna in questo paese fortemente islamico. Preghiamo per i fratelli in carcere.

Sudan: arresti e notifiche di demolizione


 Continua a crescere la pressione che il governo di Khartoum esercita sulla Chiesa sudanese attraverso arresti intimidatori, processi e notifiche di demolizione delle chiese.

Alcune nostre fonti ci hanno riferito che, il 6 ottobre scorso, alcuni funzionari del governo hanno arrestato per alcune ore tre pastori e tre membri di una chiesa evangelica di Wad Medani, una città situata 200 km a sudest della capitale sudanese Khartoum. L’arresto è avvenuto dopo che i responsabili cristiani hanno rifiutato di cedere la scuola gestita dalla loro chiesa allo Stato. “In carcere sono stati interrogati dalla polizia per aver disobbedito agli ordini dei funzionari. Sono stati rilasciati su cauzione a poche ore di distanza nello stesso giorno. Non è chiaro se siano previste ulteriori azioni legali nei loro confronti“, ci ha riferito una delle nostre fonti locali.

Negli stessi giorni cinque chiese hanno ricevuto una notifica di demolizione. Non abbiamo informazioni precise sulle date in cui queste demolizioni dovrebbero essere eseguite, ma si tratta di tre locali appartenenti alla “Chiesa di Cristo in Sudan (SCOC)”, di una Chiesa Presbiteriana e di una Chiesa Episcopale. Esse si trovano nelle zone di Bahri, Soba e Jebel Aulia, a pochi chilometri da Khartoum. Sembra che i funzionari governativi abbiano sostenuto che i terreni su cui si trovano le chiese fossero destinati ad altri scopi. I responsabili delle Chiese hanno chiesto l’annullamento delle procedure di demolizione.

Inoltre quattro cristiani (i cui nomi sono Hassan, Kuwa, Abdulmonem e Petr), tra cui un avvocato straniero e due responsabili di chiesa, sono stati arrestati perché accusati di crimini contro lo Stato. I due pastori hanno alcuni problemi di salute, ma non viene loro permesso di curarsi. I quattro imputati hanno dovuto presentarsi diverse volte davanti alla corte, ma il procedimento viene continuamente posticipato: l’ultima volta è successo ieri, lunedì 24 ottobre, quando, a causa di un impegno di lavoro dell’accusa, la corte ha aggiornato la seduta alla settimana prossima (al 31 ottobre). “Ma essi rimangono spiritualmente saldi“, ci ha assicurato una nostra fonte locale.

Vi chiediamo preghiera per la condizione dei cristiani in Sudan (che continuano a subire una forte pressione da parte del governo) e in particolare per i casi sopra elencati.

Nigeria: la comunità internazionale ignora le violenze


resizeDuro attacco del presidente della Convenzione battista nigeriana in riferimento agli attacchi di Boko Haram. Intanto Boko Haram sconfina in Camerun con rapimenti di bambini.

Fa sentire con forza la propria voce Samson Ayokunle, presidente della Convenzione Battista nigeriana (Nbc), la più grande organizzazione africana membro dell’Alleanza battista mondiale (Bwa) che conta 3,5 milioni di fedeli e circa 10.000 chiese, che ha criticato la comunità internazionale di ignorare la violenza terroristica e gli attentati avvenuti nel Paese dell’Africa occidentale.

«Sono addolorato per l’atteggiamento della comunità internazionale verso l’enorme distruzione in corso in Nigeria», ha detto Ayokunle alla Bwa. «La serietà con cui essa è intervenuta nel caso degli attacchi dell’Is in Siria e in Iraq, o con il problema dei talebani in Afghanistan, non è stata dimostrata nel caso della Nigeria».

Ayokunle ha accusato la comunità mondiale di svalutare la vita dei nigeriani. «Non importa al resto del mondo se Boko Haram continua a uccidere centinaia di persone ogni settimana? Sono queste persone meno umane di coloro che vengono uccisi in altri luoghi dove si è intervenuti direttamente? La mia gente viene uccisa come gli animali e il mondo intero rimane a guardare».

Ayokunle ha aggiunto che «i principali obiettivi di questi attacchi sono i cristiani prima e poi qualsiasi altra persona che si oppone loro. In ogni città in cui arrivano, vengono prima uccisi i cristiani, poi distrutte tutte le chiese, risparmiando le moschee. La Chiesa sta subendo una grave persecuzione». Anche i battisti sono stati direttamente colpiti. «Nessuna chiesa cristiana è rimasta in piedi a Mubi, dove più di 2.000 battisti sono fuggiti attraverso il Camerun quando Boko Haram ha attaccato».

Ayokunle ha riferito che gli edifici battisti, inclusi gli uffici della segreteria della Fellowship Baptist Conference della Nbc, sono stati bruciati a Mubi, e la casa del presidente della Conferenza è stata vandalizzata. Il presidente della Conferenza e i pastori battisti sono fuggiti nella città di Jos nello stato di Plateau, altra regione che è stata attaccata da Boko Haram. «Il nostro Liceo battista a Mubi è stato chiuso mentre il seminario battista per pastori in un’altra città vicina, Gombi, è stato chiuso a tempo indeterminato».

Ayokunle ha ringraziato il sostegno ricevuto attraverso le preghiere dei battisti e di altri cristiani e chiede un contributo finanziario per aiutare coloro che sono stati sfollati a causa degli attacchi terroristici.

Continuano anche gli sconfinamenti dei terroristi nelle nazioni più prossime: è notizia di queste ore il blitz nel villaggio di Tourou, nel nord del Camerun. Sono state date alle fiamme un’ottantina di case, ma soprattutto sono state rapite altre 80 persone, e di queste 50 sono bambini di età compresa fra i 10 e i 12 anni, in quello che è il più grande sequestro nella storia del paese, che va ad aggiungersi al rapimento delle 200 liceali nigeriane ormai la scorsa primavera. Nei giorni scorsi Amnesty International aveva documentato con immagini satellitari lo sconvolgente attacco della città di Baga costato la vita ad almeno due mila persone. I presidenti di Ciad e Camerun stanno inviando contingenti al confine con la Nigeria, ma le forze appaiono troppo scarse per contrastare la follia omicida dei fondamentalisti.

Marta D’Auria

Tratto da: http://www.riforma.it/

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