Sudan, Meriam non sarà condannata a morte


E’ in carcere da agosto 2013. L’appello di Amnesty International 

La donna, incinta di otto mesi, era stata condannata a morte perché la madre non l’ha cresciuta secondo la religione del padre mussulmano. Con lei anche un figlio di 20 mesi. 

16 maggio 2014Meriam non sarà condannata a morte. Lo hanno annunciato Antonella Napoli, presidente di Italians For Darfur, citando rassicurazioni di avvocati raccolte
da Khalid Omer Yousif della Ong Sudan Change Now. “La nuova sentenza – ha dichiarato Napoli – sarà pronunciata dall Corte suprema e non prevederà la pena di morte”.

Amnesty International ha lanciato un appello al Ministro della giustizia del Sudan, Mohamed Bushara Douse, perché Mariam Yehya Ibrahim venga liberata e sia annullata la sua condanna a morte.

L’appello arriva dopo che, l’11 maggio scorso, un tribunale sudanese ha condannato a morte Meriam, una donna cristiana con l’accusa di apostasia: l’abbandono delle propria fede religiosa. La giovane è stata educata come cristiana ortodossa, la religione della madre, perché il padre musulmano è sparito quando lei aveva solo 5 anni. Secondo la legge sudanese basta  però la discendenza da un mussulmano perché una persona sia considerata di fede islamica.

Meriam Yehya Ibrahim, 27 anni, è incinta di otto mesi ed è in carcere insieme a un altro figlio di 20 mesi dall’agosto 2013. A far partire l’arresto la denuncia di un parente che ha rivelato il suo matrimonio con un cristiano del Sud Sudan.

Meriam è stata condannata dal tribunale di Khartoum anche per adulterio perché il suo matrimonio con un uomo cristiano non è considerato valido dalla ‘Sharia’. Per questo motivo le sono già stata inflitte 100 frustate. 

A difesa della donna nei giorni scorsi erano scese in campo numerose ambasciate dei Paesi occidentali e anche organizzazioni in difesa dei diritti civili che ne avevano chiesto l’immediato rilascio.

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